Confessiamolo: il
letto è una prova di fuoco del matrimonio. Secondo gli esperti, una buona
armonia sessuale garantisce un buon 40%-50% di un matrimonio riuscito. Anche
gli sposi “spirituali” (se si potesse parlare di una categoria a parte!!)
risentono del peso – in positivo e in negativo – del corpo nella loro
nuzialità.
Malgrado una
storia non proprio coerente per quanto riguarda la giusta valorizzazione del
corpo e della sessualità che deve scaturire almeno dall’Incarnazione, la Chiesa
vanta una storia liturgica e – anche nei momenti più bui – un resto teologico
profetico riguardo al ruolo della sessualità nell’esperienza nuziale. Un
esempio sono i numerosi riti di celebrazione nuziale che prevedevano la
benedizione solenne del talamo nuziale. Il talamo nuziale, infatti, non è marginale
o secondario al sacramento delle nozze. Già canonicamente, la validità canonica
delle nozze è strettamente legata anche alla dimensione corporale della
consumazione.
Nel suo libro Teologia del talamo nuziale. Per un’intimità gioiosa, Carlo Rocchetta, un nome noto e
un’autorità rispettabile in campo di teologia delle nozze e della tenerezza
nuziale, offre un sensibile contributo teologico ricco di riferimenti e di
riflessione per la dimensione e il peso teologico del copro e della sessualità
nel quadro della teologia nuziale. L’obiettivo del volume è quello di proclamare
«la valenza sacramentale del talamo nuziale» manifestando come l’intimità
stessa degli sposi cristiani costituisca un locus theologicus, sfatando
«pregiudizi, diffidenze e negatività che, se remotamente dipendono dall’ingresso
del dualismo platonico nel pensiero cristiano, prossimamente rappresentano il
frutto di un certo moralismo che non sa guardare con serenità la sessualità
coniugale».
La Gaudium et
Spes ricorda l’intrinseco rapporto sussistente tra il sacro amore umano e l’Amore
divino: «Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo
amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme
valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se stessi,
che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta
la vita dei coniugi anzi, diventa più perfetto e cresce proprio mediante il
generoso suo esercizio. È ben superiore, perciò, alla pura attrattiva erotica
che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente svanisce. Questo amore è
espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio degli atti
che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si
uniscono in casta intimità sono onesti e degni; compiuti in modo veramente
umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono
vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi» (n. 49).
Eros e
tenerezza
Lungi dal
canonizzare modelli “sperimentali” di sessualità sempre più alla ricerca di
esperienze nuove, Rocchetta non scinde nel suo volume il nesso tra sessualità e
tenerezza: «La tenerezza rappresenta l’anima della sessualità coniugale; non si
tratta di “fare sesso”, come usano dire, ma di realizzare un incontro amante
pienamente umano e umanizzante, connotato da sentimenti e gesti di tenerezza».
L’intimità non è
una sessualità addolcita o mitigata, ma è il coraggio di attuare l’unione «24
ore su 24, e non solo in un momento». Essa suppone un animo generoso che non si
riduce alla spinta dell’attrattiva erotica, ma si orienta verso una comunione
duratura e coerente.
La scelta di Rocchetta
è lodevole giacché costituisce una riappropriazione della dimensione
affettivo-mistica di una sessualità integrata, personalizzata e
personalizzante, lasciata per troppo tempo ad altre discipline come la
psicologia, la sessuologia e la sociologia. La teologia guarda all’intimità
degli sposi come una unità di due indirizzata al terzo. In questo si manifesta
la dimensione di imago trinitatis collegata alla comunione di coppia che
Giovanni Paolo II puntualizza così: «L’uomo diventa immagine di Dio non tanto
nel momento della solitudine quanto nel momento della comunione. Egli, infatti,
è fin “da principio” non soltanto immagine in cui si rispecchia la solitudine
di una Persona che regge il mondo, ma anche, ed essenzialmente, immagine di una
imperscrutabile divina comunione di Persone».
L’uomo e la donna
sono immagine di Dio insieme, nella reciprocità della loro relazionalità
e del mutuo riconoscimento. E la sessualità manifesta una loro nostalgia dell’Assoluto
che li unisce in un’unica carne nell’aspirazione all’unione con l’Unico.