Nella tradizione
ebraica, vi era uno stretto collegamento tra la legatura di Isacco (Gen 22) e l’agnello
pasquale. Tanti motivi portano a tale associazione, come la richiesta innocente
di Isacco «Dove è l’agnello?». Anche la tradizione cristiana trova una ricca
elisse che collega la Pasqua di Cristo al sacrificio di Abramo. Cristo è l’Agnello
che Dio ha provveduto sul monte della Golgota. Di lui Isacco, incaricato della
legna, è l’immagine. La similitudo lascia lo spazio alla maior dissimilitudo:
Cristo ha offerto se stesso e non è salito sul monte ignaro del suo destino.
Cristo non è stato riscattato da un agnello, ma come agnello innocente ha
riscattato tutti portando su di sé il peccato del mondo.
Il libro La Bibbia si apre a Pasqua curato da Jean-Pierre Sonnet, attraversa la
liturgia della Veglia pasquale nella sua storia, la sua liturgia e nell’esegesi
dei suoi testi. Di seguito riportiamo la trascrizione della riflessione di
Sonnet riguardo al paragrafo che abbiamo evocato da Genesi 22.
*
Concentriamoci
sulle prime parole di Isacco, che sorgono quando il padre e il figlio si
ritrovano insieme nella loro salita: «Ecco – dice Isacco – il fuoco e la legna,
ma dove è l’agnello per l’olocausto?» (v. 7). Abramo risponde nel modo più
fedele che ci sia (v. 8): «Abramo disse: “Elohim vedrà per sé l’agnello per l’olocausto
figlio mio”». Tutte le traduzioni portano prima di «figlio mio» una virgola,
intendendo l’espressione come un vocativo: «Figlio mio, te lo dico, Dio
(pro)vedrà l’agnello per l’olocausto». Questa è certo una maniera legittima di
capire la frase, che accenna alla speranza del patriarca nella provvidenza
divina. D’altra parte, non esistono virgole in ebraico biblico e si può
punteggiare la frase in un modo diverso: «Dio (pro)vedrà l’agnello per l’olocausto:
il mio figlio». Lo stesso Abramo, che spera che l’agnello sia altro rispetto al
figlio, ha anche accettato la possibilità che il figlio sia l’agnello. Speranza
estrema, obbedienza estrema. Isacco non ne chiede di più, e il narratore
riporta alla fine del v. 8: «E andarono entrambi unitamente» (wayyelku senehem
yahdaw), come aveva detto alla fine del v. 6 prima della domanda. Dopo la
risposta, Isacco cammina ancora più decisamente al fianco del padre. Il lettore
può capire: cammina in modo consapevole e libero al fianco del padre.
La tradizione
rabbinica ha messo a profitto queste potenzialità del testo. Il tema dell’obbedienza
libera di Isacco è declinato in diversi modi nel Targum e nel Midrash… Queste
interpretazioni possono avere influenzato la lettura cristiana; possono anche
rifletterla. Sembra questo il caso del Midrash su Gen 22,6: «Abramo prese la
legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco» - «come quello che porta la
sua croce (slwbw) sulla spalla». L’allusione a Gesù che si avvia verso il
Golgota «portando la croce» (Gv 19,17) è molto probabile. Scrive Edward
Kessler: «Il rabbino che offre questa interpretazione, il cui nome non è
menzionato, ha deciso che il paragone fra Isacco che porta la legna del
sacrificio e un uomo (Gesù) che porta la croce del proprio supplizio era utile.
E i redattori/editori di Genesi [Bereshit] Rabba l’hanno pensata allo stesso modo poiché non
hanno censurato il paragone nella versione finale».
…
Seguendo le
due figure di Abramo e di Isacco, l’assemblea entra in profondità nella fede
pasquale. L’obbedienza estrema di Abramo e di Isacco, coniugata alla sua
speranza, lo conduce a una fede che raggiunge la speranza nella risurrezione
dei morti. Così parlerà la Lettera agli ebrei: «Per fede Abramo, messo alla
prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo
unico figlio, del quale era stato detto: “In Isacco avrai una discendenza che
porterà il tuo nome”. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere
anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo» (Eb 11,17-19).
Fissando lo sguardo sulla figura di Isacco, l’assemblea inoltre penetra nel
cuore della libertà del Gesù pasquale, che sale sulla montagna portando la
propria croce. La convergenza di vedute che unisce la tradizione ebraica (su
Isacco) e quella cristiana (su Gesù) sfocia nella grande tela di Marc Chagall Il sacrificio di Isacco (1966) in cui Gesù
è rappresentato sullo sfondo della tela – «come colui che porta la propria
croce sulla spalla».