In
quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere
la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si
avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi
fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di
nascosto.
Alcuni
abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere?
Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse
riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il
Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù
allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete
di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è
veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli
mi ha mandato».
Cercavano
allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non
era ancora giunta la sua ora.
Sap
2,1.12-22 Sal 33 Gv 7,1-2.10.25-30
L’equilibrio
di una vita dipende dal punto di appoggio su cui la si fissa. L’esistenza di
Gesù, così osteggiata pur nella sua brevità, aveva un punto di riferimento
costante: il Padre. Questo vangelo, occupato prevalentemente dalla diatriba
sulla messianicità di Gesù, ci parla di un’attitudine fondamentale che possiamo
imparare dal Salvatore: quella di non perdere d’occhio la Stella polare della
nostra esistenza, l’ascolto illuminante della voce del Padre. Mettersi nelle
sue mani è la scelta più rivoluzionaria della vita, perché solo nelle sue mani veritiere
la vita è vera.