Ricorreva
in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.
Gesù
passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.
Allora
i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo
nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù
rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del
Padre mio, queste mi danno testimonianza;
ma
voi non credete, perché non siete mie pecore.
Le
mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io
do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia
mano.
Il
Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla
mano del Padre mio.
Io
e il Padre siamo una cosa sola».
«Vorrei
credere, ma pare che Dio non mi abbia dato la fede. La fede è un dono, no?».
Sento spesso quest’espressione in diverse salse e solitamente storco il naso,
non per mancanza di sensibilità verso chi la afferma, ma per la sua insostenibilità
teologica. Sì, la fede è un dono, ma la buona notizia è che Dio “l’ha pensata”
per tutti. Scrive Paolo: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e che
giungano alla conoscenza della salvezza». L’inghippo nell’espressione è nella
concezione del dono. Dono non significa prêt-à-porter, ma un seme da
accogliere, custodire e coltivare. La fede è un dono di Dio, ma l’atto di fede
lo puoi fare solo tu.