In
quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il
Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la
vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il
mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è
condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel
nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E
il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più
le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti
fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano
riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente
che le sue opere sono state fatte in Dio».
At
5,17-26 Sal 33 Gv 3,16-21
Chi
non crede nel Figlio, non crede di essere figlio amato, si rassegna e si
accontenta di essere incrocio di un caso cieco che lo abortirà con lo stesso disinteresse
con cui l’ha generato. Questo è un giudizio che l’uomo si autoinfligge. In noi
c’è la nozione e l’aspirazione dell’eternità e del senso. Possiamo far finta
che non ci sia; possiamo distrarci con tante finezze e finitezze; possiamo
accontentarci e raccontarci la bugia che il carrube è buono e sazia, ma il
nostro cuore è fatto per Lui, per il Padre che ha tanto amato il mondo da dare il
suo unico Figlio.