In
quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io
sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non
porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti
più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete
in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non
rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi
i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me
non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e
secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se
rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e
vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto
e diventiate miei discepoli».
At
15,1-6 Sal 121 Gv 15,1-8
Ho l’impressione
che questo vangelo sia un’esperienza permanente di chi esercita un ministero di
annuncio della Parola. Quando sei unito al Signore, fedele all’ascolto della
Parola, ardente nella ricerca della sua volontà, sei investito da un magnetismo
irresistibile. Le persone assetate di Dio ti individuano e ti ascoltano e la
tua parola non è flatus vocis, ma grembo della Parola vivente… Poi passa
un momento “no” in cui sei meno costante, meno attento, meno “connesso”, per
stanchezza, noia o, forse peggio, per orgoglio… e lì scopri che tutta la grazia
che ti attraversava non era tua proprietà, ma era come la linfa di Colui che
opera in te meraviglie. La parola del Signore si fa supplica: «Rimanete in
me e io in voi… In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto
e diventiate miei discepoli».