In
quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non
voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva
loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo
uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non
capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero
a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per
la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro
chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole
essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E,
preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi
accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie
me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Giac
4,1-10 Sal 54 Mc 9,30-37
Gesù
non è un patito di miseria. Non è contrario alla grandezza, ma al gonfiore
crudele e vuoto di chi è disposto a calpestare chiunque per affermarsi. Lo
vediamo nei posti di lavoro, in politica, ma anche nel mercato del sacro. Il
bambino qui è l'essere della relazione; colui che sa che la sua prima ricchezza
è l'altro. E il bambino più bello in questo vangelo è Colui che annuncia che
morirà per quelli che non manifestano la minima empatia per il suo dolore.
Grazie Signore.