In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Gen 14,18-20   Sal 109   1Cor 11,23-26   Lc 9,11-17

Uno dei difetti dello spiritualismo è il delegare. Tanto qualcun altro ci pensa alla terra, mentre io mi fisso sul cielo. Ma se il Pane disceso dal cielo non disdegna e non delega la provvidenza del pane terrestre, significa che la spiritualità ormai ha dei parametri precisi: l’incarnazione, la concretezza, l’attenzione a chi mi è affidato. Scrive la biblista Rosalba Manes commentando questo brano: «Non si può ricevere l’eucaristia e vivere come isole o disinteressarsi delle difficoltà altrui. O meglio la si può ricevere ma non la si celebra. Diventa rito non sacramento». L’eucaristia è il sacramento di Dio che mi stravolge e mi rivolge al fratello.

http://goo.gl/LsTrM6