Josef Fuchs parla dell’opzione fondamentale in
teologia morale nei termini di uno stato piuttosto che di un semplice atto
separato. Per alcuni tale puntualizzazione implicherebbe de facto una
negazione della possibilità del peccato mortale. Questo è, semplificando, il
nucleo della problematica che si pone Laura Dalfollo nel suo volume Peccato mortale: Una lettura per l’oggi. La proposta di Josef Fuchs a partire dall’antropologiateologico-trascendentale di Karl Rahner.
Il libro, frutto di una tesi di dottorato
difesa presso la Facoltà di Teologia Morale della Pontificia Università
Gregoriana, esamina una tematica che – spogliata dal suo apparato specialistico
– riveste in realtà una grande importanza pratica e risponde a domande concrete
che il credente anche non acculturato teologicamente si pone riguardo alla realtà
del peccato mortale.
In un tempo in cui il senso di peccato è
rarefatto (mentre siamo sempre più divorati da sensi di colpa vittimistici),
una riflessione seria, documentata e sensibile sulla questione del peccato
mortale come quella svolta dall’A. è un grande contributo per il cammino
attuale della teologia e della coscienza morale cristiana.
A partire dal titolo della tesi siamo posti
dinanzi alla prospettiva di un lavoro interdisciplinare tra teologia morale
(Fuchs) e teologia dogmatica (Rahner). Il contenuto del libro non delude quest’aspettativa
e questa premessa.
I tre poli teorici portanti della riflessione
è la declinazione della questione del peccato mortale all’interno del teorema
dell’opzione fondamentale quale è proposta da Fuchs alla luce dell’antropologia
trascendentale sviluppata da Karl Rahner.
Per cominciare, l’A. offre una considerazione
panoramica della proposta teoretica e teologica di Fuchs attraverso la sua
collocazione nel panorama teologico post-conciliare. A partire da questo inquadramento
generale, l’A. permette il lettore a muoversi con maggiore cognizione di causa
e oggettività all’interno della sua proposta teologico-morale. La presentazione
panoramica della prospettiva di Fuchs mostra l’attualità del suo pensiero e la
sua pertinenza dogmatico nel contesto della teologia post-conciliare che
dialoga con le istanze morali che preoccupavano il Concilio e che sono riprese
dalla Veritatis Splendor.
L’A. evidenzia l’audacia dello stile teologico
di Fuchs il quale non si limita a riproporre o a sistemare il già detto, ma
traduce il depositum nella lingua dell’uomo contemporaneo, permettendo a
quest’ultimo di misurarsi con la freschezza della proposta cristiana.
Sulla base di quest’esplorazione del pensiero
di Fuchs, l’A. evidenzia sempre più il debito che il pensiero teologico morale
di quest’ultimo ha nei confronti dell’antropologia trascendentale di Karl
Rahner. Tale ricostruzione, sia del mosaico teoretico sia della parentela
semantica e noetica della proposta, pone il lettore nella giusta prospettiva
ermeneutica per cogliere la portata del pensiero e farne un giudizio.
L’A. non esita a manifestare alcune lacune
oggettive presenti (o meglio non-presenti) nella proposta di Fuchs, facendo
notare, ad esempio, che il teologo trascuri la trattazione del tema del peccato:
«Nel contatto con la sua riflessione, nella comprensione della sua sistematica
considerazione, ci si accorge che non è posto il tema del peccato con una
trattazione profonda, in relazione con il tutto del complesso, lasciando come l’impressione
di una considerazione superficiale del fenomeno, oppure volontaria omissione,
non reale valutazione».
Nella sua considerazione del perché di tale
omissione nella riflessione di un teologo morale, l’A. si chiede se è forse il
tempo biografico, oppure, (ed è la tesi sposata dall’A.) un’impostazione in cui
la considerazione del peccato è fatta «come esistenziale tensione dinamica,
tale da leggersi nel contrario di ciò che definisce la moralità nel senso pieno
del termine e per questo presente in modalità collaterale in tutte le
tematiche, in quanto elemento strutturale del divenire della soggettività
personale».
Ad ogni modo, la decisione dell’A. di supplire
alla prospettiva morale di Fuchs con la griglia filosofico-teologica di Karl
Rahner si presenta alquanto felice e caratteristica della novità del suo lavoro
perché permette un non-arbitrario accostamento che getta luce e colma, senza
forzarle, bensì esplicandole, le premesse teologico-morali di Josef Fuchs.
In questo senso, l’ipotesi dell’opzione fondamentale
elaborata da Fuchs viene descritta alla luce del legame con Rahner, cosicché
essa non si presenta come un’istanza soltanto attuativa, bensì come paradigma
antropologico esistentivo. In altri termini, l’opzione fondamentale non esprime
un atto solo, unico e isolato, bensì la lenta e storica configurazione della
persona nel suo esserci. È, per usare i termini dell’A., «espressione di una
struttura, di un soggetto che può decidersi per il positivo oppure per il
negativo, per l’autorealizzazione oppure l’autoalienazione».
Riassumendo il valore di quest’acquisizione
del pensiero di Fuchs, l’A. tira le conseguenze che riguardano il tema
fondamentale della tesi e spiega, quindi, che «se consideriamo l’opzione
fondamentale negativa nella sua chiusura al dono di Dio, nel privilegio di sé e
del proprio volere, si riconosce un percorso che viene meglio indicato dal
concetto di “stato” nel senso di condizione, piuttosto che dal termine “atto”,
il quale nella sua puntualità non indica la storia, il divenire che ha portato
a una tale condizione».
Strettamente parlando, il soggetto umano non ha un’opzione fondamentale, bensì il
soggetto è opzione fondamentale. Egli
è in sé, nel suo vissuto, nella configurazione della sua coscienza che avviene
attraverso scelte storiche e concrete, non una monade statica, ma un essente
dinamico che si orienta e consolida sempre più il suo divenire attraverso una
fondamentale unità, seppur nella distinzione, fra opzione fondamentale e
opzioni particolari.
Due importanti conclusioni del testo ci
portano a cogliere la densità del percorso che il testo propone. L’A. raccoglie
in questi termini gli apporti di una retta comprensione dell’opzione
fondamentale: «La profondità dell’opzione fondamentale, il suo livello
trascendentale, porta, analogicamente, dogmatica e morale, Dio e uomo, in un
silenzioso abbraccio, al riconoscimento per un desiderato giudizio, via
all’esplosione attiva, concreta dell’esistenza particolare».
Quanto al compito della teologia morale che
deriva da tale acquisizione, certamente ci troviamo davanti a un tanto
acclamato, ma poco attuato superamento della riduzione manualistica, casistica
e precettistica della morale verso un nuovo compito che l’A. descrive così: «essere
pungolo alla coscienza personale e collettiva di richiamo ai valori, al loro
contenuto e soprattutto al loro poter essere realizzati nell’oggi, con
l’attenzione a quei “segni dei tempi” attraverso i quali Dio di fa presente
nella storia, riconoscibile e di conseguenza possibile presenza viva e operante
nella carne dei suoi figli nel Figlio».
Il testo impegnato e impegnativo di Dalfollo
mantiene lungo la trattazione la promessa enunciate nelle premesse del testo,
ma permette anche di andare oltre il recinto informativo che potrebbe magari
interessare solo ai teologi di mestiere riguardo all’ermeneutica del pensiero
di Fuchs letto alla luce dell’antropologia trascendentale di Rahner. La
riflessione dell’A., infatti, invita a una maturazione personale che integri nella
prassi morale esistenza personale, inserimento storico e spiritualità.