In
quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte,
e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre
sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne
stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei
dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai
pubblicani e ai peccatori?».
Udito
questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.
Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”.
Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Am
8,4-6.9-12 Sal 118 Mt 9,9-13
La
trasformazione della vita di Matteo avviene in un lampo. Basta uno sguardo di
Gesù e questo uomo è stravolto, liberato dal giogo di una ricchezza che lo
distanziava dai fratelli e da Dio. Cosa libera Matteo? Non ce lo dice
esplicitamente il testo, eppure è chiaro da tutto il contesto. È la scandalosa
gratuità dell’amore di Dio. Quell’uomo abituato ad attribuire un prezzo a tutto
viene amato gratuitamente con un amore senza prezzo. E in questo amore smisurato,
in questa gratuità infinita, trova il riscatto dal circolo vizioso della
ricchezza che impoverisce.