Sono tornato al mondo – e al social – dopo tre
giorni di preghiera, meditazione e comunione intorno al tema del bisogno e del desiderio per trovarmi davanti a un volto – quella di suor Cecilia Marìa,
Carmelitana scalza argentina – che nel suo sorriso nel dolore ha riassunto
tutto il senso di quello che abbiamo fatto e cercato di dire in questi tre
giorni a Camaldoli (NA).
Solo un silenzio di amore maturato all’ombra
della croce sa dire qual è la via per trasformare i nostri bisogni in desideri
e per trasfigurarli nel Desiderio di amare. Davanti a un sorriso così non puoi
che intuire la Meta. Non puoi che capire la forza della tenerezza e la capacità
trasformatrice della fede viva.
Su un pezzo di carta con scrittura affaticata,
ma speranza certa, la giovane morta all’alba di mercoledì 22 giugno 2016 all’età
di 43 anni, aveva scritto: «Stavo pensando come volevo che fosse il mio funerale.
Prima un po’ di forte preghiera e poi una grande festa per tutti. Non vi
dimenticate di pregare, ma neppure di far festa!».
È la voce dell’anima sposa che va al di là del
bisogno di sopravvivere verso il desiderio di entrare nella Vita.
«Io non muoio, entro nella vita», scriveva la giovanissima Thérèse di Lisieux al
suo fratello spirituale missionario don Bellier. Così anche Cecilia Marìa con
il salmista vince la paura della morte con l’amore per l’Amato: «Non morirò, ma
resterò in vita e annuncerò le opere del Signore» (Sal 117).
È la voce dell’anima che non è più semplice
creatura, ma è sposa creativa. La morte non viene più come ladro, ma come «una
voce! Il mio diletto! Eccolo, viene. Egli sta dietro il nostro muro; guarda
dalla finestra, spia attraverso le inferriate. Ora parla il mio diletto e mi
dice: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!».
Ho pensato di presentare questo sorriso come
la sintesi della trasfigurazione del nostro essere. Avevamo percorso nel ritiro
il cammino dai bisogni ai desideri con l’analogia del bacco che diventa
farfalla e, la seconda tappa, il cammino dai desideri al Desiderio con l’analogia
della farfalla che non si bruciacchia più con le luci mediocri ma vola in alto
verso la Luce, entra nella Luce… ecco, questo volto, di suor Cecilia Marìa,
indica che questo cammino non è soltanto un cammino di ascesi, ma anche un
cammino di gioia. L’ascesi è indispensabile per l’ascesa, ma la forza dell’ascesa
viene dall’amore. «Le grandi acque della morte non possono spegnere né
travolgere l'Amore!».
La fede è un inno di speranza, un inno alla
gioia… Non so perché, ma questo volto mi ha fatto pensare a Giovanna d’Arco!
Forse perché sul rogo del dolore ha testimoniato le parole che Paul Claudel
mette sulle labbra della santa nel suo Jeanne d'Arc au bûcher:
Tra le fiamme, morente e malridotta, Giovanna
canta comunque il suo trionfo sulla morte e sulle fiamme che la consumano:
La speranza è più forte! La gioia è più
forte!...
Spira e spera…
C’è Dio! C’è Dio ed egli è più forte...