Ci sono due momenti nei vangeli in cui Gesù si
lascia toccare a lungo da qualcuno. Più precisamente da due donne. Anzi, l’unzione
di Maria a Betania è «il primo caso in tutto il Vangelo di Giovanni in cui un
discepolo, una donna, entra in un rapporto di intimità così intenso con Gesù».
All’analisi dei due episodi dell’unzione della
donna peccatrice (Lc 7,36-50) e dell’unzione di Maria a Betania (Mc 14,3-9; Mt
26,6-13; Gv 12,1-8), Vincenzo Battaglia dedica il saggio Il profumo dell’amore.Un percorso di cristologia affettiva. La riflessione si inserisce nella
linea del lavoro di approfondimento che l’A. sta svolgendo attorno al rapporto
tra cristologia e contemplazione e mira a rivisitare e valorizzare i sensi
corporei e spirituali.
Nell’analisi del passo di Luca, l’A. evidenzia
come lo scandalo patito dal fariseo sia acuito dalla risposta di Gesù. Gesù
lascia fare alla donna e «non la lascia fare per pietà, restando indifferente,
passivo. Nei gesti compiuto dalla donna c’è un crescendo: se lei intensifica il
“con-tatto” con lui, ciò vuol dire che, ad ogni gesto, avverte di essere
assecondata. Gesù, a sua volta, intensifica il "con-tatto”, il rapporto
con lei».
Il profumo non si dona a chiunque, ma è
destinato a mostrare deferenza a persone molto amate. La donna si dona e a lei Gesù
mostra il volto materno e accogliente di Dio. «Gesù ha accolto la donna. Ma dove
se non nel “grembo” della misericordia di Dio resa tangibile e fruibile da lui?
Toccando Gesù la donna è accolta da Dio. Accolta da Gesù, è toccata da Dio, dal
Padre celeste che, mosso a compassione, va incontro per primo, a chi ritorna da
lui (cf. Lc 15,20)».
Analizzando, poi, l’unzione di Betania l’A.
nota che versare olio sul capo di un ospite era un’usanza nel mondo biblico e
orientale in genere. Era segno di grande considerazione e onore. Era
consuetudine tra gli ebrei in Babilonia «versare unguento sul capo dei rabbini
presenti al matrimonio di una vergine». Ma – nota R. Infante – che tale prassi
si faceva solo sul capo, evidenziando il gesto insolito di Maria che unge i
piedi di Gesù.
L’unguento versato in entrambi i casi è
preziosissimo. Esso mostra quanto l’amore e la gratitudine di quelle persone
verso Gesù non aveva prezzo.
Ignis amoris
Dopo l’analisi delle pericopi evangeliche, l’A.
offre una rassegna analitica di alcuni dei più importanti contributi sul tema
dall’epoca patristica, medievale (che si biforca in due filoni: quella
monastico, cistercense e domenicano, e quello francescano, a cui l’A.
appartiene) e un ultimo capitolo dedicato a letture e riletture dal XIII al XX
secolo.
Giovanni Crisostomo legge dentro gli intenti
della donna del vangelo di Luca dicendo: «Quel gesto infatti derivava dal una
mente devota, da una fede ardente e da un’anima contrita».
Agostino considera il gesto come invito a
esercitare le opere di penitenza e di misericordia: «Ungi i piedi di Gesù:
segui le orme del Signore conducendo una vita degna. Asciugagli i piedi con i
capelli: se hai del superfluo dallo ai poveri, e avrai asciugato i piedi del
Signore con i capelli che, appunto, sono considerati come una parte superflua
del corpo. Ecco come devi impiegare il superfluo: per te è superfluo, ma per i
piedi del Signore è necessario».
Gregorio Magno si sofferma sulla forza
purificatrice dell’amore: «Ha bruciato perfettamente la ruggine del peccato perché
arde intensamente nel fuoco dell’amore. Questa ruggine è infatti perfettamente
distrutta nella misura in cui il cuore del peccatore arde nella gran fiamma
della carità». La dilectio e l’ignis amoris sono la causa che
produce la remissione dei peccati.
Beda il Venerabile vede nel gesto di Maria la
professione adorante dell’ortodossia cristologica: «Il capo del Signore, che
Maria unse, significa la sublimità della divinità, i piedi l’umiltà dell’incarnazione.
Ungiamo i suoi piedi quando predichiamo con debita lode il mistero dell’incarnazione,
ungiamo il capo quando veneriamo l’eccellenza della divinità con degne parole».
Unzione reciproca
C’è una corrispondenza tra il profumo cosparso
dalle donne e l’opera di Cristo: «C’è il profumo usato dalle donne per
cospargere i diedi e il capo – il corpo – di Gesù. C’è il profumo diffuso da
Gesù Cristo con il suo amore colmo di misericordia e di compassione salvifiche;
c’è la scia odorosa lasciata dal suo nome (cf. 2Cor 14-16), collegata sovente
con Ct 1,3: “aroma che si spande è il tuo nome”. Attratta dal profumo del suo
Signore e Sposo, la Chiesa lo diffonde nel mondo intero: “noi siamo dinanzi a
Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono”
(2Cor 2,15)».