Come con la vita nascente, così anche i
fenomeni sociali di vario genere passano un primo periodo molto delicato,
cruciale e decisivo per la loro sopravvivenza e per la definizione della loro
identità. Lo stesso vale per il cristianesimo, il quale, già dalla sua nascita,
ha dovuto affrontare tante insidie rappresentate fondamentalmente dall’ostilità
di antagonisti esterni, ma anche da antagonismi, riduzionismi e deviazioni nate
precocemente al suo interno.
Il libro di Pierre Prigent, Dalle parole di Gesù alla Bibbia, si presenta come una succinta ma ricca lettura
storico-teologica di quegli anni decisivi per il cristianesimo (100-250),
come recita il sottotitolo della traduzione italiana dall'originale francese, curata
da Rita Pusceddu per le edizioni Dehoniane (EDB).
Perché quegli anni? È l’autore stesso –
professore emerito di teologia protestante all’Università di Strasburgo e
storico delle origini del cristianesimo – a motivare la scelta. Intorno all’anno
100, il cristianesimo ha iniziato a diffondersi velocemente come testimoniano
le Chiese fondate da Paolo in Asia minore e in Grecia, senza contare altre
chiese diffuse a Roma e in Palestina. La diffusione ha permesso una vitalità,
ma anche una diversità legata alla libertà che sottende la vitalità. Ben
presto, nascono i quattro vangeli accompagnati dalla raccolta delle lettere di
Paolo. Cosicché intorno all’anno 100, già gran parte del NT era non solo stato
redatto, ma anche diventato “canonico” nell’utilizzo nelle varie chiese.
Accanto a questi scritti, che in seguito
verranno riconosciuti canonici, sono apparse altre opere che pretendevano di
dare un’interpretazione autentica dell’evento Cristo, ma le quali manifestavano
date, dati e contenuti incompatibili con il vangelo rivelato da Gesù. Famosa l’affermazione
di Origene: «La Chiesa ha quattro vangeli, l’eresia molti».
Accanto a queste eccedenze, si manifestavano
anche tentativi di riduzione. Ne ricordiamo quello più pericoloso (e tuttora ricorrente)
di Marcione, il quale elimina l’AT e decima il NT in base a un’idea estranea
alle Scritture che vede due divinità, il Demiurgo ingannatore e il Padre di
Gesù Cristo.
Queste problematiche spingono verso l’esigenza
di una canonizzazione, ovvero definizione dei libri canonici e normativi per la
fede cristiana.
Quanto all’anno 250, Prigent spiega che esso
si collega innanzitutto alla storia dell’impero romano. Con l’avvento dell’impero
di Decio, si verifica la prima vera persecuzione sistematica e generale del
cristianesimo. Nel 250, l’imperatore preoccupato per l’unità dell’impero ordina
con un editto che tutti i sudditi si uniscano in una preghiera pubblica per la
salvezza dell’impero, e dunque impone di partecipare ai culti sacrificali resi
agli dèi.
Il rifiuto dei cristiani di partecipare a
questi culti porta a terribili conseguenze: «Le Chiese di tutto l’impero sono
scosse da una grande persecuzione, che segna loro storia in modo terribile e
indimenticabile». Questo trauma porterà a forti dibattiti nella Chiesa specie
riguardi ai cosiddetti lapsi, ovvero, quei cristiani che hanno accettato
di sacrificare agli dèi pagani, rinnegando di fatto la loro fede cristiana.
Inoltre, il 250 è una data importante per la
storia del cristianesimo perché coincide più o meno con la data della morte del
grande maestro Origene, genio del primo cristianesimo che ha influenzato
generazioni di apologeti ed esegeti.
Il libro di Prigent si dipana in 7 capitoli
che attraversa – con ricca documentazione – il periodo degli apologisti, la
problematica gnostica, la disputa sul canone, la questione della Pasqua, la
crisi “carismatica” legata al montanismo. Il libro si chiude con i ritratti di quattro
colonne importanti del primo cristianesimo: Ireneo, Tertulliano, Clemente d’Alessandria
e Origene.