Ci dicono qualcosa ancora oggi le tentazioni
di Gesù? Non sono forse soltanto tentazioni fatte a misura per il Figlio? «Se
tu sei il Figlio di Dio», gli dice il tentatore. Cosa può dire questo a noi?
Il secondo volume della «Biblioteca Turoldo»
pubblicato dalle Edizioni San Paolo con il titolo Il diavolo sul pinnacolo. Le tentazioni di Gesù mostra la grandissima attualità delle tre
tentazioni archetipiche di Gesù. A Lui possiamo credere perché è stato tentato,
perché non è lontano da noi, dalle nostre battaglie quotidiane.
La fame
«Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste
pietre diventino pane».
Non a caso, la prima tentazione rispecchia
quella dei proto-genitori. Una tentazione legata alla manducazione, al
consumare la vita. Quella del Rabbi di Nazareth, allora, non è una crisi, ma
«il sentimento di ricomposizione di una gerarchia di valori, rotta, infranta
fin dall’origine dalle nostre antiche concupiscenze» (24).
Il nemico lo tenta non a partire dal sublime,
ma salendo la scala del normalissimo. «Sarà sempre la carne il ponte su cui
tenterà di passare; si inoltrerà nel castello fino a spiare dentro; fermato,
sempre e solo alla inferriata del digiuno e della preghiera» (31). Il male,
però, non è essere tentati. Anzi, un uomo senza prove non diventa provato, non
matura. Male è soccombere, lasciarsi sedurre. E Gesù nel deserto, come ogni
uomo dinanzi a quel volto che nessuna compagnia può raggiungere, è esposto…
perché satana è un «approfittatore di solitudini» (37).
Chi ha fame è colui che non farà mai un
miracolo per sé. Il nemico lo tanta con la normalità. Cosa è più normale della
fame dopo un lungo digiuno? Lui che ha creato giocando con la creazione (come
ci fa immaginare il libro della Sapienza), lui che transustanzierà il pane in
sé, cosa più facile per lui trasformare le pietre in pane? Non era
letteralmente un gioco da bambini?
Se, come ha “profetizzato” qualcuno la partita
finale del mondo sarà vinta dai grandi «signori del pane e dei cereali», Cristo
ha rifiutato di diventare colui che vince facile. «Chi può credere a un Parola
distaccata dal pane», si chiede Turoldo. Ma che Parola è quella che passa solo
elargendo il pane? Cristo ha sempre rifiutato di essere riconosciuto come colui
che provvede al pane, ai bisogni primari. Gesù sa che «non si può essere eredi
dei due regni» (52). Sa che l’uomo non può essere ridotto ai suoi bisogni. Sa
che conquistare l’uomo tramite i suoi bisogni è disumanizzarlo.
Il nulla
La tentazione
più sottile, però, è la seconda. È la tentazione del nulla.
Sempre sul
ciglio dei due abissi
Tu devi
camminare e non sapere
Quale
seduzione se del Nulla o del Tutto
Ti abbatterà.
La seconda
tentazione è quella più pericolosa perché è quella più strisciante e sottile.
La sua pericolosità è portata all’ennesima potenza perché si riveste con la
logica della parola di Dio: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta
scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti
porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”»
(Mt 4,6; Sal 91,12).
La seconda
tentazione è un «incantesimo del nulla», un gioco del «dio del nulla; quale
contrapposto al sommo Tutto che è il Dio della vita, e l’unico principio di ogni
cosa» (75).
In questo
salto nel vuoto, nel nulla, con il diavolo sul pinnacolo che il nemico fa il
gioco più sporco perché è apparentemente quello più pulito. Non c’è nulla, né
il pane per tutti né il dominio su tutti. C’è… il nulla, il suicidio come
gioco. È la negazione di sé, delle leggi della natura. È il prendersi gioco
della provvidenza.
La fama
Di nuovo il
diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo
e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai
miei piedi, mi adorerai».
La terza
tentazione è letta da Turoldo sulla griglia del «grande inquisitore» di
Dostoevskij. La griglia di liberazione dell’uomo dalla sua libertà. È la
proposta di far di Cristo qualcuno che dona la felicità in cambio della
libertà. È la riduzione dei credenti in ammiratori.
A ben vedere,
anche la prima tentazione era contro la libertà. È come se il nemico dicesse a
Gesù (E Dostoevskij lo mette benissimo sulla lingua del grande inquisitore):
«Nulla mai è stato per l’uomo e per la società intollerabile della libertà!
Vedi tu invece queste pietre in questo nudo e infocato deserto? Mutale in pane
e l’umanità correrà dietro a te come un riconoscente e docile gregge, con l’eterna
paura di vederti ritirare la tua mano e di rimanere senza i tuoi pani».
Ma che libertà
può mai esserci se l’obbedienza è comprata coi pani o con i fuochi d’artificio.
«Davanti alla necessità del pane ognuno sarà tentato di rinunciare alla propria
libertà. O, se volete, il pane quale simbolo di felicità. Donde il contrasto e
l’opposizione tra felicità e libertà».
La tentazione
del potere è sempre dietro l’angolo. La tentazione dell’inquisitore che vuole
salvare l’uomo deumanizzandolo. Non è forse il pericolo prospettato da Konrad
Lorenz in Il declino dell’uomo? Scriveva Lorenz: «L’umanità riuscirà
forse a salvarsi dall’estinzione per inquinamento, sovrappopolazione,
radioattività, e via discorrendo. Ma può darsi che, per salvarsi, crei una
organizzazione statale rigidissima che blocchi l’evoluzione dell’umanità stessa
su una via discendente».
Conclusione
Resistendo
alle tentazioni, Gesù resiste all’eresia, all’esclusivismo, alla parzialità che
vorrebbe annientare la completezza. La vita non è solo questione di pane. Non è
solo questione di gioco (falso spiritualismo) e non è questione di dominio.
Gesù, inoltre,
rinuncia in qualche modo alla popolarità. La prima e la terza tentazione
avrebbero stravolto le menti, dominato le libertà e conquistato il mondo… ma la
domanda che rimane: «Può essere il cristianesimo una religione di massa?
Meglio: la massa potrà mai essere cristiana? Perché Cristo parla di “piccolo
gregge” (cf. Lc 12,32), e della ricerca dell’“uno”, lasciando la parte la
folla? Perché si chiede se “ci sarà ancora fede sulla terra, quando egli
tornerà?”».