Dopo aver presentato i primi due volumi della Storia
della teologia, riedita dalla EDB, che coprono il periodo Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle (vol. 1) e Da Pietro Abelardo a Roberto Bellarmino (vol. 2) ci soffermiamo oggi a presentare i tratti fondamentali
del terzo volume che copre il periodo dall’illuminismo a oggi. Il volume,
curato da Rino Fisichella, porta questo sottotitolo: Da Vitus Pichler a Henri de Lubac.
Il volume copre un periodo molto effervescente
della storia della Chiesa perché costituisce anche il confronto della fede con
sfide nuove nate in seno all’illuminismo o, come meglio specifica già il primo
capitolo curato da Stefano Cavallotto, i vari illuminismi (francese, inglese,
tedesco…).
La vicenda dell’illuminismo, pur non cruenta,
ha rappresentato – e continua a rappresentare – una grande sfida per la fede
perché, nelle sue sfumature, costituisce una minaccia alla categoria
fondamentale della rivelazione. La sua affermazione di una religione naturale e
razionale, sganciata dai particolarismi professionali, riduce l’unicità del
cristianesimo a una delle tante affluenti verso una religione che si libera da
ogni riferimento e imperativo trascendentale.
L’illuminismo deista è un processo di laicizzazione
del sacro che, con la pretesa di far sì che «la vera religione sia
necessariamente accessibile ad ogni uomo in ogni tempo e in ogni latitudine»
leviga il volto della fede fino a farla diventare un costrutto deducibile dal
ragionamento dell’uomo su se stesso e sul senso della propria vita, giungendo a
una religione senza dogmi e senza misteri. Questa pretesa è estesa da diversi
autori al cristianesimo stesso. Un esempio noto è quello di John Toland nel suo
Christianity not Mysterious.
Il volume, oltre a percorrere in modo succinto
e ben documentato i vari illuminismi attraversa le varie reazioni teologiche e
culturali al fenomeno, da quelle meno brillanti – in cui «la risposta della
teologia cattolica si presenta fortemente condizionata dalla situazione di
ristagno, di sclerosi e di declino, in cui versa la scolastica fin dalla metà
del secolo XVII» (45) – fino alle risposte, anzi, proposte geniali di luminari
come John Henry Newman e Antonio Rosmini. A queste due grandi figure sono
dedicate due monografie succinte.
La terza parte del volume ripercorre la storia
della teologia negli ultimi due secoli iniziando con lo stagno della
manualistica in cui si presenta la situazione della teologia alla fine del XIX
secolo, passando per la crisi modernista e le varie diatribe che navigano nel
suo orizzonte dall’affaire Loisy, all’apologetica dell’immanenza in Blondel.
Dopo la documentazione del ressourcement
avvenuto in vari contesti (liturgico, biblico, patristico, ecc.) con le scuole
primarie, quella domenicana di Le Saulchoir e quella gesuita di Lyon-Fourvière,
il volume presenta i prodromi del Concilio Vaticano II e conclude con ben nove
capitoli monografici su grandi figure di teologi che hanno segnato la teologia
del XX secolo: Pierre Rousselot, Erich Przywara, Joseph Maréchal, Pierre
Teilhard de Chardin, Romano Guardini, Karl Rahner, Bernard Lonergan, Hans Urs
von Balthasar e Henri de Lubac.
L’opera si conclude con un breve saggio sulla
«figura del teologo» a firma del curatore del volume, Rino Fisichella. Fisichella
riflette sulla figura del teologo che emerge dalla riflessione sugli ultimi tre
secoli. L’A. mette in evidenza come non sia possibile ridurre la figura del
teologo a uno stereotipo in quanto ogni contesto teologico, storico e di
pensiero influisce inevitabilmente su chi riflette e vuole offrire il suo
contributo. Ne emerge l’importanza dell’interazione tra biografia e
bibliografia, tra vita e pensiero nel lavoro teologico.
A conclusione di questa breve presentazione
lascio la parola al curatore che, parlando del teologo, scrive: «Il teologo, in
quanto appartiene all’oggetto del suo studio partecipa di una missione che
pochi, a dire il vero, possono permettersi: quella di gustare in qualche modo,
il senso dell’eternità. Nel momento in cui fa vera teologia egli si immette in
un processo di lettura che senza rompere gli ormeggi dal presente, gli apre
però le porte di uno spazio che non si conclude con la sua vita. Egli, servendo
la verità rivelata non si rinchiude nei limiti di un periodo, ma si apre a
spazi epocali che diventano tradizione».