È molto facile confondere l’estetica teologica
con una teologia estetica, una riflessione fatta dalla teologia su arte e derivati, motivo per cui già Hans
Urs von Balthasar – avviando la sua trilogia con il primo volume di Gloria
(Herrlichkeit) – avvertiva dal pericolo che l’estetica teologia venga
confusa oppure scivoli dall’intento iniziale che colloca la riflessione sul
piano oggettivo e istituita con i metodi della teologia verso una teologia
estetica che tradisce il contenuto teologico vendendolo alle convinzioni
correnti della dottrina intramondana della bellezza. È lo stesso avvertimento
che accompagna le prime pagine dell’ultimo saggio di Pierangelo Sequeri, Il sensibile e l’inatteso. Lezioni di estetica teologica (Queriniana, Brescia2016 | 268 pp. | 20 €).
Neppure il fascino di una teologia che attira
a sé e al suo “Oggetto” attraverso l’attrattiva dell’estetico costituisce una
pista percorribile a lungo per l’A., giacché tale fascino, privo di una
fondazione oggettiva nel quid della Rivelazione, rischia di riecheggiare
la disgiunzione tra i tre trascendentali di cui Balthasar denunciava i tragici
effetti. «L’indebolimento della ragione – scrive Sequeri – e l’estetizzazione
del mondo sono ospiti inquietanti, anche quando portano doni alla fede». La
fede non può accontentarsi di alleanze mediocri e di corte vedute.
Trovatasi dinanzi a due interlocutori diversi
– l’illuminismo razionalista e il romanticismo estetizzante – la teologia, e in
particolare l’apologetica, si è ritenuta più affine con il registro razionale
della prima.
Evocando questa storia l’A. scrive: «L’apologetica
ritiene più affine il protocollo razionalistico: all’interno del quale conduce
la sua battaglia per il riconoscimento della ratio fidei. Dall’altro
lato, la sensibilità cattolica nel tempo della crisi subisce (per lo più
inconsciamente) l’irresistibile fascino dell’esaltazione estetica del
religioso, che fa parte di una larga falda del movimento romantico».
La «questione romantica» è stata lasciata alla
prassi – spesso non tematizzata –rimanendo non dipanata dalla ragione
teologica. Anche se alcuni suoi aspetti sono stati considerati nel dibattito
intorno alla crisi modernista, essi sono stati di fatto questioni riguardanti
le «implicazioni metafisiche e dogmatiche dell’idea della rivelazione e della
fede».
Questa lacune di trattazione storica si fanno
ancora più gravi in un’epoca come la nostra dove la bellezza – resa epidermica,
sensuale e sensazionale – non salva affatto ma fa perdere, la testa, i sensi e
il senso. Da qui l’esigenza di ritrattare la questione della bellezza nella sua
valenza oggettiva – ben oltre l’analogia – per recuperare lo strumentario senziente
adeguato per cogliere il senso (parte seconda), necessario per
contemplare e ac-cogliere la teodrammatica dell’incarnazione di Dio in Cristo
crocifisso, morto e risorto (parte terza) e sincronizzare la celebrazione del Pulchrum
nella compagine della leiturghia e del sacramentum (quarta
parte).