Parlando di Maria Santissima, Teresa di Gesù
Bambino e del volto santo dice: «È bene parlare delle sue prerogative, ma
bisogna soprattutto poterla imitare. Lei preferisce l’imitazione. Per quanto
sia bella una predica sulla Santa Vergine, se tutto il tempo si è costretti a
fare: Ah! […] Ah! […], se ne ha abbastanza!».
Ama Maria non chi esagera nel dipingere il suo
volto, ma chi trova le parole giusto e chi vive la giusta imitazione perché l’amore
è misura, armonia e somiglianza. Da qui si può considerare il volume teologico di
Gisbert Greshake, intitolato Maria – Ecclesia. Prospettive di una teologia e
una prassi ecclesiale fondata in senso mariano, come un vero gesto
teologico di devozione mariana.
«Considerando la mia età avanzata, questo
libro sarà certamente il più grande tra i miei ultimi lavori teologici».
Leggere queste parole all’inizio dell’ultimo volume che porta la firma del Greshake,
tradotto dalla Queriniana per la Collana Biblioteca di Teologia
Contemporanea, fa un certo effetto per chi ha conosciuto la produzione del
grande teologo che ha offerto negli ultimi decenni ricche riflessioni sulla trinitaria,
per enunciare solo l’ambito più prominente.
Già dal titolo, poi, si deduce che non siamo
né dinanzi a un semplice trattato di mariologia, né davanti a un saggio di
ecclesiologia classico. Siamo davanti a una convergenza di prospettive che suscitano
diverse riflessioni, rivisitazioni e feconde connessioni.
Il motivo del volume trova la sua spiegazione
nella prefazione dal taglio autobiografico in cui l’a. rammenta l’«ipertrofia
mariologica» che ha contraddistinto alcune correnti del cattolicesimo negli
ultimi secoli. Tale ipertrofia è stata tra l’altro frutto di una «cristologia
di stampo monofisita» che portò «a dare a Maria il posto che doveva spettare
all’umanità di Cristo». L’errore di una tale impostazione si manifesta nell’immagine
sbagliata che si creava di Dio Padre e dello stesso Cristo; un Dio iracondo e
lento al perdono (non all’ira, come dice la Bibbia!), che viene intenerito dall’efficace
intercessione di Maria. L’esagerazione, documentata tra l’altro da un
grandissimo mariologo – René Laurentin – sfocia in titoli come «intercedetrice
onnipotente» e, addirittura «quarta persona della Trinità».
Tale esagerazione non rende onore a Maria, ma,
come puntualizza il beato Paolo VI nella Marialis cultus, il vero culto mariano
deve essere solido nel suo fondamento, «obiettivo nell’inquadramento storico,
per cui dovrà essere eliminato tutto ciò che è manifestamente leggendario o
falso».
Un altro motivo di ipertrofia mariologica
secondo Greshake, risiede proprio nello spostamento del baricentro
ecclesiologico. La teologia moderna, infatti, mise l’accento ecclesiologico su
due punti diversi: «Si diede grande risalto, da una parte, al papa e alla sua plena
potestas sulla chiesa, fondamento dell’unità ecclesiale e, dall’altra, al
significato soteriologico di Maria. Queste due accentuazioni si incrementarono
vicendevolmente e si rafforzarono l’una insieme all’altra». Così papolatria e
mariolatria hanno rappresentato la forma cattolica della «svolta verso il
soggetto», tipica del pensiero moderno.
Tali accentuazioni sono state accompagnate da
un altro fenomeno: «Nella stessa misura in cui Maria era “iper-soggettivizzata”,
la chiesa veniva “iper-istituzionalizzata” nel senso di una “istituzione
salvifica”». Tale estremizzazione era inevitabile. Di fronte a una relazione
altamente soggettiva verso Maria e il Papa, al “resto” non rimaneva che il
compito istituzionale. La Chiesa-Sposa è stata ridotta all’istituzione.
Dinanzi a queste sbavature, la sfida teologica
è quella di vedere Maria non sopra la Chiesa o separata dalla Chiesa, ma – come
ricorda Hugo Rahner - «dobbiamo nuovamente imparare a vedere Maria nella chiesa
e la chiesa in Maria». Il Concilio Vaticano II ha realizzato il primo di questi
punti, Maria è stata integrata nella chiesa, ma non la chiesa in Maria. Eppure
nella mariologia concorrono quasi tutte le linee teologiche e calibrare la
mariologia giova alla sintonizzazione di tutta la teologia.
Questo è il motivo per cui Greshake opta per
una rivisitazione della «teologia fondata in senso mariano», dove il rilievo e
il ruolo mariano viene espresso alla luce del depositum cristiano.
Maria, allora, diventa «donna dei nostri giorni» e «donna feriale» per usare due
felici espressioni di don Tonino Bello. Non un astro irraggiungibile, ma una
pioniera da imitare e con cui camminare. La rivisitazione di Greshake avviene
in due imponenti e ricchissimi passaggi (bibliograficamente e
contenutisticamente): Maria nella Scrittura, nella dottrina della chiesa e
nella storia della teologia; e, come seconda parte di convergenza Maria-Ecclesia.
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In photo: dettaglio di un quadro dell'artista Luigina Castellana (http://www.corsidarte.it/)