Perché Gesù parlava in parabole? Può sembrare una domanda semplicistica, oppure un problema di esegesi; invece ce molto di più. Il libro del cardinal Carlo Maria Martina, Gesù. Perché parlava inparabole, presenta una riflessione sul senso dell’utilizzo di questo stile da parte di Gesù e si sofferma a meditare, nello stile ben noto del Martini, alcune delle parabole fondamentali dei Vangelo.
Martini si sofferma innanzitutto su alcune affermazioni evangeliche da cui sembra trapelare il fatto che Gesù parlasse sempre in parabole. «Nei vangeli ci sono anzi delle affermazioni quasi paradossali; da esse sembrerebbe potersi dedurre che Gesù non parlasse altro che in parabole. Nel vangelo di Marco, ad esempio, alla fine del capitolo sulle parabole, leggiamo: “E con simili parabole, molte, parlava loro la parola, così come potevano capire, ma senza parabole non parlava loro” (4,33). L’affermazione è ripresa da Giovanni ed è già indicativo. Il IV vangelo, infatti, non sempre riprende o segue i sinottici e tuttavia su questo punto lo fa, pur usando un altro termine; e rincara, per così dire, la dose. Si tratta delle ultime parole di Gesù prima della grande preghiera del c. 17 (poi viene la passione): “Queste cose in similitudini ho detto a voi. Viene l’ora quando non più in similitudini parlerò a voi ma apertamente del Padre annuncerò a voi” (16,25)».
Un altro dato importante che ci presenta il testo è il numero di parabole riportate nel NT e che trova concordi gli studiosi. Si tratta di ben 42 parabole. Il Martini spiega che «c’è chi ne conta fino a 60; però il numero di 42 è abbastanza fondato e include anche quelle piuttosto succinte, lasciando da parte le semplici similitudini, proverbi, comparazioni che sono evidentemente molte e che farebbero superare il numero di 60 considerato il più alto».
Quante sono per ogni evangelista? 6 in Marco, 22 in Matteo, 31 in Luca. Marco le mette in notevole rilievo; considerando che, tra i discorsi di Gesù, riporta praticamente soltanto quelli parabolici, le 6 parabole sono quasi tutto ciò che Gesù dice.
Ma torniamo alla domanda iniziale: perché Gesù parlava in parabole?
Gesù parla in parabole perché c’è analogia tra il corpo e lo spirito. Parlando il linguaggio materiale, Gesù porta i suoi uditori alle realtà spirituali senza astrattismi o inutili concettualismi.
Un motivo correlato è che c’è una proporzione tra il mondo, la storia, e il mistero del regno. Questa proporzione è chiamata dalla teologia cattolica analogia entis. Grazie ad essa, a differenza del mondo protestante, noi cogliamo una possibilità di dire il soprannaturale – per analogia – con il linguaggio della natura. «La parabola ci insegna quindi che attraverso le cose umane noi possiamo conoscere qualcosa del mistero di Dio».
«Gesù può dire parabole perché i fatti di Dio si possono narrare. È un passo ulteriore. Sembra strano, però esiste una storia di Dio. Le religioni naturali non l’ammettono, ritenendo che Dio è al di là di tutto, e inaccessibile, invisibile, sempre uguale a se stesso. La rivelazione cristiana invece insegna che Dio è storia, è persona, è libertà e, a suo modo, può avere una storia. Si parla infatti di «storia della Trinità». Come fa la Trinità, che è da sempre, ad avere una storia? Perché si esprime, si comunica, si rivela ed e per questo che i fatti di Dio si possono narrare attraverso il racconto di fatti umani. La parabola del fìgliol prodigo, che parte dalla tenerezza di un padre per il figli, perduto e tornato lacero e stracciato, racconta un fatto di Dio».
Vuoi seguirci sul tuo smartphone? Puoi ricevere tutti gli articoli sul canale briciole