L’homo sapiens è generato dall’homo narrans. È dalle narrazioni che acquisiamo i primi concetti e modelliamo la nostra visione di vita. Scoprire e riscoprire i vangeli come quadri narrativi, piuttosto che come abecedari di dogmatica, ci permette di cogliere il volto vivo dei dogmi. Martini, grande frequentatore della Scrittura, ricorda che «la gente ama scoprire il dinamismo narrativo delle pagine bibliche. Mentre i concetti statici fanno fatica ad essere capiti, l’attenzione dell’uditorio si risveglia quando si trova di fronte a una “storia” che non fa evadere dalla realtà di oggi ma la interpreta con la forza del messaggio evangelico».
Da qui l’attualità del testo di Valerio Mannucci, Giovanni. Il vangelo narrante. Introduzione all’arte narrativa del quarto vangelo, edito per la prima volta nel 1993 e riproposto– a riprova, appunto, della sua attualità – dalle EDB nella collana Reprint.
Conscio delle inevitabili sfide diacroniche, Mannucci coglie comunque quella che reputa «l’ultima sfida ella esegesi “sincronica”» e si dedica a vagliare lo stile narrativo che contraddistingue il vangelo di Giovanni.
Lector in fabula
Giovanni ha ben colto che l’essere umano è un amans fabulae, amante del racconto, e ha declinato la sua testimonianza di Cristo in questa chiave.
Più degli altri evangelisti, che comunque combinano detti e narrazioni, in Giovanni i detti di Cristo sono inseriti in una fitta trama di narrazioni, discussioni, dialoghi e discorsi.
A differenza dei vangeli apocrifi che sono «una perversione del raccontare Gesù Cristo», dato che concentrano tutto in loghìa decontestualizzati, in Giovanni incontriamo un Dio che non solo fa la storia, entra nella, ma che è Egli stesso storia. Gesù è la storia di Dio fattosi carne, Gesù è l’eterno che si narra, come apostrofa il Prologo, pagina programmatica del vangelo di Giovanni: «Dio nessuno l’ha mai visto, il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, egli ce l’ha raccontato» (Gv 1,18). Cristo, non solo parla in parabole, egli è la parabola del Padre.
Lungi dall’offrire un semplice resoconto storico (Bericht), Giovanni ci presenta una narrazione (Erzählung) che interpella il lettore e gli lascia «l’iniziativa interpretativa» (U. Eco). In questo senso, il vangelo di Giovanni è un’opera aperta, un testo “mancante” che ha bisogno del lettore per funzionare. «Queste cose sono state scritte affinché crediate che Gesù è il Figlio di Dio e, credendo, abbiate la vita nel suo nome». Il lettore non è marginale, è al centro dell’intenzione e dell’attuazione del vangelo.
Un narratore che accompagna
L’arte del quarto evangelista si manifesta nel suo essere «una voce felicemente intrusiva» (40). Così, da esperto nell’arte del “dire-non dire” e del “suggerire”, Giovanni, lungi dal nascondersi, si fa presente e accompagnatore del lettore in ogni pagina, traducendo un termine ebraico qua, spiegando una consuetudine sociale e religiosa là, indicando una collocazione geografica qua ed evidenziando le intenzioni profonde dei personaggi altrove.
Oltre alla presenza dell’autore, vari elementi narrativi arricchiscono il testo e Mannucci le analizza con documentata maestria, a cominciare dall’intera trama del vangelo che si gioca, sin dall’inizio (Prologo), nel conflitto tra fede e incredulità.
Altre scelte stilistiche in Giovanni sono «il fraintendimento giovanneo», l’ironia, la solida struttura simbolica (Mannucci analizza in modo particolari i simboli archetipi della luce, dell’acqua e del pane… con tutti gli altri simboli subordinati ad essi).
Dall’analisi di Mannucci appare chiaramente come il cosiddetto «evangelo spirituale (pneumatikón)», come lo chiama Clemente Alessandrino, non è da meno rispetto agli altri vangeli riguardo alla solidità storica. Anzi, dall’analisi si evidenzia come Giovanni fosse ancor più afferrato dei sinottici nella conoscenza dei luoghi e nel verosimile ricostruzione della trama della missione pubblica di Gesù. A tal riguardo, Dodd si esprime così: «Io considero il quarto Vangelo più un’opera essenzialmente teologica che storica. Tuttavia l’autore ha preferito proporre la sua teologia nella forma letteraria del “Vangelo”. Un Vangelo, in questo caso, consiste in un’esposizione storico-narrativa delle sofferenze, morte e risurrezione di Gesù Cristo, introdotta da una relazione – più o meno estesa – del suo ministero in parole ed opere».
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