Fra le quattro creature simboliche dell'Apocalisse, l'autore del Vangelo di Giovanni viene solitamente associato alla figura dell'Aquila per la sublimità del suo annuncio. Non a caso, è il primo di soli tre personaggi storici a cui la tradizione orientale attribuisce il titolo di teologo.
Sant'Agostino paragona Giovanni a un'aquila che «spazia nel firmamento riportando le sublimi parole di Cristo e solo raramente, diciamo così, posa i piedi sulla terra». L'Aquila allora è il simbolo dell’eccellenza di questo Vangelo. Non a caso, il Vangelo di Giovanni è il Vangelo che ha spinto la teologia e l'esegesi a dare il meglio di sé lungo due millenni di storia. Diversi Padri antichi, a partire da san Clemente Alessandrino, lo chiamavano il «Vangelo spirituale». Grandi figure del cristianesimo antico hanno dedicato al Vangelo di Giovanni un commentario.



Tra questi celebri testi, spicca il Commento di Origene scritto verso l'inizio del terzo secolo. Il commento del maestro alessandrino, quale «primo commento ortodosso a Giovanni», costituisce la base per gran parte della successiva tradizione esegetica.
Un altro commento celebre dell'antichità è quello di san Giovanni Crisostomo. Per essere più precisi, più che un commentario, quello del Crisostomo è una raccolta di 88 omelie pronunciate due volte alla settimana, di prima mattina, davanti a un pubblico selezionato che possedeva una buona conoscenza della Bibbia. Tali omelie, però, coprono l’intero Vangelo giovanneo. Il fine primario del Crisostomo era quello di combattere gli anomei, una fazione estrema degli ariani, che negava la vera divinità di Cristo. Il commento include anche istruzioni sulla vita cristiana che, secondo il Crisostomo, «rende uguali agli angeli».
Naturalmente, in Occidente, il commento più celebre e probabilmente più amato e quello di sant'Agostino di Ippona. Questo commento è, a sua volta, una raccolta di 124 omelie pronunciate a Ippona dopo il 416. Agostino chiama questa sua opera più «trattati» che «omelie». In latino, tractatus indicava un tipo di sermone che non solo spiegava l'intenzione del testo, ma anche lo interpretava alla luce dei vari casi della vita. A questo fine, l'autore ricorreva spesso all'allegoria per spezzare la parola al suo uditorio e per disseminarla nella vita dei fedeli.
Oltre a questi celeberrimi commentari, tanta altra produzione patristica ha attinto al Vangelo di Giovanni e ne ha distribuito le perle e la polpa nutriente. Il volume La Bibbia commentata dai padri. Nuovo Testamento. Giovanni 1-10, curato originariamente da Joel Elowsky e per l’edizione italiana da Stefano Poletti, offre una raccolta di questi testi ricchi della nostra tradizione, validi per la ricerca sul pensiero riguardante il quarto Vangelo nei primi secoli del cristianesimo, ma anche validi per nutrire la spiritualità del credente con l'arte rara dei padri che sapevano far risuonare lo Spirito che ha ispirato le scritture negli spiriti dei fedeli coniugando erudizione e unzione spirituale.
Chiudiamo questa presentazione con un piccolo estratto da un testo di san Giovanni Crisostomo ripreso nell’opera antologica:

«Non disse, infatti, “leggete le Scritture”, ma scrutate le Scritture. Siccome le cose che erano state dette su di lui esigevano attente ricerche (in quanto erano rimaste provvidenzialmente per questo nascoste agli antichi sotto un velo), ordina loro di scavare con diligenza, per poter trovare quanto sta celato in profondità. Esse infatti non vennero alla superficie, né sono state messe in un luogo in vista, ma sono state nascoste in profondità come un tesoro. Chi dunque cerca ciò che è celato nel profondo, se non cerca con diligenza e con fatica, non troverà mai ciò che cerca. Per questo il Cristo, dopo aver detto: Scrutate le Scritture, aggiunse: perché credete di avere in esse la vita eterna. Non disse “avete”, ma “credete di avere”, per dimostrare che essi non avrebbero ottenuto un buon risultato, se pensavano di ottenere la salvezza dalla sola lettura senza la fede. […] Giustamente dunque disse credete, per il fatto che non volevano credere a lui, ma erano pieni di presunzione, a motivo della semplice lettura» (Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Giovanni 41, 1).
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