Non bisogna cercare molto se si vuole trovare i luoghi nei quali la fede cristiana, soprattutto quella cattolica, inconfondibilmente si articola e concretamente si esprime. Il cuore del cattolicesimo si esprime soprattutto nell’esperienza sacramentale. Delineare una retta teologia dei sacramenti rivela già la struttura basilare della fede cristiana e ne permette una ricca visione di insieme. Da qui l’attualità dell'ormai classico libro di Theodor Schneider, Segni della vicinanza di Dio. Compendio di teologia dei sacramenti, edito dalla Queriniana. Il libro, riedito per la Collana «Biblioteca di teologia contemporanea» (BTC, 44), si articola in otto capitoli per presentare i sette sacramenti, dedicando un primo fondamentalissimo capitolo all'essenza della sacramentalità.
Il capitolo in questione, non solo introduce ai capitoli successivi ma ne costituisce il fondamento antropologico, cristologico, ecclesiologico e pneumatologico.
Schneider riflette sulla base antropologica dei sacramenti, mostrando come la sacramentalità rientra nella nostra esperienza quotidiana. Il sacramento, in senso lato, in greco symbolon, manifesta la connessione tra le diverse realtà che siamo e viviamo.
Già nella sua essenza, l'essere umano è un essere simbolico perché il suo esserci e imprescindibilmente un essere-con. Essere uomo come essere-con significa essere-in-relazione-personale. La relazione personale si realizza essenzialmente nella partecipazione, nel parlare, nel con-versare con l’altro mettendosi in gioco. Per questo motivo, la dimensione della parola è fondamentale nel definire l'essere simbolico e sacramentale dell'umano.
Schneider spiega che il genuino concetto di simbolo in chiave teologica significa intreccio indissolubile che esiste tra un aspetto umano, intramondano, ed una componente divina. Il sacramento, in altre parole, esprime l'essere-con dell'uomo, non solo in relazione ai suoi simili, ma anche e soprattutto in relazione a Dio. Questo tratto apre alla riflessione sacramentaria in chiave religiosa e teologica.
Prima però di inoltrarci nella riflessione teologica, vale la pena riprendere alcuni filoni sviluppati dall’a. riguardo alla simbolicità naturale. La simbolicità dell'essere dell'uomo è presente, ad esempio, nella sua costituzione di unitas complex. Tale complessità, difficilmente riconosciuta come unitaria dalla cultura occidentale analitica, è fortemente ed eloquentemente presente nell' antropologia biblica dove basar e nefesh «non indicano una parte dell'uomo rispetto all'altra, bensì l'uomo intero secondo un determinato aspetto, quello cioè della parentela e caducità o della vitalità che è dono di Dio» (p. 16).
L'a., poi, nella costruzione della visuale sacramentaria fondamentale, si rifà a uno studio di Joseph Ratzinger intitolato Il fondamento sacramentale dell'esistenza cristiana. In quel saggio, l'allora docente di teologia parla di «sacramenti naturali» in senso lato, intendendo quei sacramenti, che «con una specie di necessità interna, affiorano sempre là dove gli uomini vivono assieme e di quali, con alcune trasformazioni, perdurano persino nel mondo desacramentalizzato della tecnica».
Questi 4 sacramenti naturali sono la nascita, la morte, la comunione sessuale, i pasti. Quello che sorprende in questi quattro connotati dell’esistenza umana, in questi «sacramenti naturali» è che tutti e quattro scaturiscono dalla nostra natura biologica.
Proprio perché questi processi sono essenzialmente anche biologici, e non semplicemente spirituali, ci consentono di fare esperienza di un potere che ci soggioga, che noi non siamo in grado di evocare e di determinare, di cui non possiamo affatto disporre, ma che precede le nostre decisioni e ci avvolge e sostiene. L'esperienza della nascita e della morte pone inevitabilmente il problema del «da dove vengo?» E «dove vado?», mentre il bisogno di comunione sessuale, la generazione di una nuova la vita, le necessità di alimentarsi continuamente ci fanno sperimentare in che modo, nel nostro realizzarci, siamo preoccupati di garantire la nostra stabilità, vogliamo continuare a vivere, durare nel tempo.
L'uomo si presenta, secondo una celebre espressione, nonché titolo di un saggio di Karl Rahner, come «spirito nel mondo». Questo specifico modo d'essere dell'uomo, con la sua attuazione spirituale, libera e trascendente, nella sua corporeità – storicità – tessuto di rapporti interumani, è il fondamento originario e specifico di ciò che intendiamo per sacramento, è il presupposto di fondo che accompagna l'essere umano e sta pure alla base di quella specifica attuazione che è il servizio liturgico.
L'a. passa poi a specificare la distinzione fra sacramento in senso lato, come abbiamo visto, e sacramento in senso teologico, manifestando la natura cristologica, ecclesiologica e pneumatologica dei sacramenti in senso stretto.
Possiamo rappresentare questo passaggio con un paragrafo riassuntivo di Schneider stesso: «Tutti i sacramenti hanno la loro ragion d'essere in Gesù Cristo. Nella sua umanità, nella sua vita, morte e risurrezione si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini (Tt 3,4). Cristo è il segno nel quale cogliamo e sperimentiamo la premura di Dio per noi: egli è il sacramento primordiale. Mediante la sua opera di salvezza, nel corso di tutti i tempi. La Chiesa, che è la comunione dei fedeli unificati dallo Spirito Santo, rappresenta per il mondo il segno permanente della vicinanza e dell'amore di Dio… nei singoli sacramenti la natura sacramentale della Chiesa si sviluppa nelle situazioni concrete della vita umana. Nei segni sacramentali, che hanno la loro origine nell'ambito vitale dell'uomo, Cristo ci incontra e ci dona la sua salvezza» (p. 48).
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