Nel libro della Genesi, Il giardino costituisce un luogo dove «Dio distende la sua fantasia creatrice». Così descrive il giardino dell’Eden Pier Luigi Gusmitta nel suo libro Passeggiando con Dio. Gli sposi alla riscoperta del mistero nuziale. Questa genialità creatrice è espressa in Genesi con queste parole: «Il Signore fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare» (Gen 2,9).
Il giardino è luogo di serenità dove la bellezza trionfa e genera gioia, lasciando intravedere la carezza di Dio Creatore. Nel giardino si attua Il sogno di Dio di creare l'uomo a sua «immagine e somiglianza».
In questo giardino l'uomo avverte la sua nostalgia di relazione. Il suo desiderio di un «aiuto che gli corrisponda».
Nel giardino l'uomo subisce la maliziosa seduzione del serpente, la tentazione di essere Dio senza Dio.
Nel giardino (del Getsemani), «si consuma l'amore sponsale di Cristo virgola che plasma la chiesa sposa, con tocchi di infinita tenerezza».
Il giardino può essere simbolo dell'amore umano, luogo in cui Dio passeggia con l'uomo. Il libro di Pier Luigi Gusmitta riflette su questo luogo del passeggiare di Dio con l'uomo attraverso un dialogo confidenziale, lettere che l'autore rivolge ad alcune coppie, «fittizie ma non troppo».
Il percorso scandito in diverse piccole tappe parte dall'incontro, la magia dei primi sguardi, la bellezza e la tenerezza che traspaiono dall'accostamento lento e carico di emozioni all'altro.
L’incontro lascia lo spazio al germogliare dell'innamoramento. La presenza nuova dell'altro diventa sempre più fascinosa, una vera estasi. E nel l'amore si scopre la forza dell'Amore. Lo sguardo innamorato vede di più e vede oltre. «Amare qualcuno - scrive F. Mauriac - è vedere una meraviglia invisibile agli altri».

Passeggiando con Dio
Passeggiando con Dio
Pier Luigi Gusmitta

«Amare – scrive nel suo famoso Parlami d’amore Michel Quoist – significa incontrarsi e per incontrarsi bisogna accettare di uscire da sé per andare verso un altro. Amare fa soffrire, perché, dopo il peccato, amare significa crocifiggersi per un altro».
L'innamoramento, per quanto bello, non basta. Per amare bisogna conoscere l'altro e la conoscenza richiede un essere insieme come coppia, un esporsi, raccontarsi e ascoltare.
Neppure la conoscenza reciproca basta perché i due, soprattutto nel loro cammino verso il sacramento del matrimonio, devono scoprirsi conosciuti da un Altro, amati e chiamati da un Altro, per vivere in una carne sola la convivialità delle persone trinitarie.
Papa Benedetto spiega che il matrimonio è «icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa il modo di amare di Dio è la misura dell'amore umano». Amore divino e amore umano si richiamano in modo stretto e inscindibile.
 A sua volta Giovanni Paolo II ricorda che quando l'uomo e la donna nel matrimonio si donano e si ricevano reciprocamente nell'unità di una sola carne, la logica del dono sincero entra nella loro vita. Questa capacità di dono sincero, più grande della solita quotidiana capacità dell'umano, apre l'amore umano all'amore divino. Per questo motivo scrive di nuovo Giovanni Paolo II che «l'amore può essere approfondito e custodito soltanto dall'Amore».


Sempre Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio (n. 13) ci ricorda che lo Spirito che il Signore dona rende l'uomo e la donna capaci di amare come Cristo ama. Gli sposi sono un richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce. La loro reciproca appartenenza è «la rappresentazione reale, tramite il segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la chiesa».
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