Nella sua Enciclopedia delle scienze filosofiche
Hegel parla con enfasi del merito del cristianesimo nell’aver portato l’idea e
l’esperienza di libertà all’uomo. «Quest’idea – scrive Hegel – è venuta nel
mondo per opera del cristianesimo». Di che idea di libertà parlava? Proseguendo
la lettura del testo di Hegel lo scopriamo subito: «Essendo oggetto e scopo
dell’amore di Dio, l’uomo è destinato ad avere relazione assoluta con Dio come
spirito, e far sì che questo spirito dimori in lui: cioè l’uomo è in sé,
desinato alla somma libertà».
La libertà che Hegel canta è singolare e nasce dal rapporto
unico che il cristianesimo ha sottolineato tra la creatura umana e il suo
creatore sfidando l’antico arco del fatum.
All’inizio del suo imponente volume, La libertà a rischio. Le idee moderne e le radici bibliche, Giuseppe Angelini, già conferma
che il lessico della libertà è entrato nella lingua dell’Occidente attraverso i
testi fondatori del cristianesimo, gli scritti del NT, i quali hanno introdotto
il lessico della libertà non solo nel linguaggio religioso, ma anche «nella
lingua comune dell’Occidente in genere».
Ora il nodo «rischioso» della questione è che questa libertà
ha vissuto un passaggio verso il plurale e «proprio il passaggio alle libertà
plurali» costituisce un indizio del «logoramento della densità semantica del
termine. La libertà rivendicata è precisata sempre da un genitivo: libertà di
movimento, di parola, di pensiero, e addirittura di coscienza».
Nel corso del volume, l’A. porta avanti due interrogativi
importanti. Il primo è quello con cui traccia l’effettivo contributo del
cristianesimo alla generazione dell’idea di libertà propria dell’Occidente. Lo
fa in dialogo con autori come Origene, Agostino, Anselmo, Tommaso, Scoto,
Lutero, ecc.
Il secondo interrogativo è quello della divergenza ovvero,
la distanza che è venuta man mano a crearsi tra la libertà annunciata dal
cristianesimo e le libertà che l’Occidente ha perseguito la quale sta mettendo
la libertà a rischio, come recita il titolo del volume.
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