Che la morte di una persona vicina sia improvvisa o che sia
più prevedibile, in ogni caso essa rimane uno strazio a cui nessuno è mai
veramente preparato. La morte non è una questione a cui siamo abituati per
natura. A questo tema così delicato Filippo Baudassé dedica un piccolo libro
che apre con queste parole «Questo libro è nato dallo stupore che tutti quanti
proviamo davanti alla morte di quelli che amiamo. […] Queste pagine vogliono
essere semplici, fraterne e meditative. Esse sono nutrite dall'esperienza di un
accompagnamento spirituale quasi ventennale delle famiglie in lutto e da
molteplici incontri avuti in contesti differenti. […] I temi affrontati non
corrispondono per forza un ordine particolare, proprio come avviene in questo
tempo di lutto durante il quale il nostro mondo interiore e agitato in tante
direzioni».
Non dimenticare
Tanti di noi si trovano nell'imbarazzo di non saper stare
vicino a una persona che ha patito un lutto e tanti non sanno che parole dire.
Dire per consolare «buttati tutto alle spalle» a volte può risultare indelicato
verso una persona che vorrebbe far tutto tranne dimenticare la persona amata. Senza
volerlo, facciamo del male. Anzi, volendo fare del bene otteniamo il risultato
opposto.
Queste pagine delicate del libro Accompagnare il lutto. Parole per i giorni del dolore possono essere, nella loro
semplicità e immediatezza, uno spunto per riflettere sia per chi vuole
accompagnare il lutto sia per chi lo vive. il libro consta di ben 26 piccoli
capitoletti che attraversano tanti temi collegati al lutto, a partire dall'«avere
il coraggio di essere in lutto» ed è interessante che l'A. non demonizza l'esperienza
del dolore del lutto, anzi invita a sostare in questa dimensione della nostra
esistenza dove appare semplicemente la nostra umanità che si sente spaesata
davanti al lutto e alla perdita.
Il lutto e la manifestazione della persona fragile ma
autentica
Il lutto fa emergere in noi l'uomo alla ricerca, un volto
che non va nascosto, un volto forse più autentico di tante maschere di
sicurezza e di onnipotenza che indossiamo.
E in una società dove il dolore non è contemplato e non è
benvenuto, gli inviti di molti a “continuare a vivere”, “cercare di pensare ad
altro”, ad “andare avanti” possono divenire dei «pugni sferrati in pieno volto
e che ci fanno ritrovare al tappeto». L'A. assicura che abbiamo bisogno
piuttosto di «conservare memoria di tutto, e soprattutto di quelle persone vicine
la cui morte viene a rivendicare ricordo delle ore passate insieme» (p. 17). «Dei
momenti del lutto, più che la morte in se stessa, ciò che maggiormente colpisce
è la solitudine nella quale essa sembra volerci inesorabilmente spingere»
motivo per lui, «le parole che ci si scambia si dimostrano talora
insignificanti, vuote, inadeguate. Consolano troppo in fretta o aggiungono
amarezza alla già grande sofferenza» (p. 19).
Un inno alla vita
Ma sebbene il tempo del lutto debba prendere il suo decorso,
è necessario guardare più in profondità e vedere nel tempo del lutto «un inno
alla vita».
Da qui l'A. invita a considerare i tempi del lutto anche
come «un modo di celebrare la vita. La vita in generale, la vita di colui o di
colei che ci ha lasciati, la nostra vita, ma anche l'autore della vita, per
quelli che ci credono» (p. 23).
Celebrare la vita non contraddice quello che abbiamo detto
sopra sul vivere il lutto. «Celebrare la vita non vuol dire stordirsi a ogni
costo per dimenticare. Celebrare la vita, invece, è il modo più bello per
rendere omaggio a colui o a colei che se n'è andato/a». «Se la tristezza ci
sembra essere una forma di omaggio, lo è altrettanto la vita» (p. 24).
L'assenza è invitata a diventare «ardente», ovvero a
incoraggiarci a fare memoria delle qualità che ammirava monello scomparso. «In
un mondo di onnipotenza, l'assenza può ancora essere portatrice di un'altra
virtù: ci ricorda cioè di mantenere una certa modestia davanti agli avvenimenti
che non possiamo dominare e sono più grandi di noi» (p. 32).
Dilatare il cuore
L'A. attraverso gli
atteggiamenti che possiamo vivere in situazioni di dolore come l’ira, la rabbia
verso Dio, la perdita di fede, il pudore del silenzio e si sofferma anche su
alcuni situazioni di morte molto particolari e difficili come il suicidio, la
morte di un bambino fino a soffermarsi a meditare sul senso della morte in sé
intendendola, non tanto come «trapassare» quanto «oltrepassare».
L'invito successivo è imparare la gratitudine che è un modo
per «dilatare il cuore» a ricordo delle cose belle vissute, l'arte di vivere
l'istante presente, il sentire in Cristo un compagno dei nostri lutti, pregare
nella prova e stare accanto a quelli che sono in lutto. A tal proposito, l'A.
scrive: «La persona in lutto non si aspetta frasi fatte o formule convenzionali.
Ha bisogno invece di calore di autenticità, di comprensione e di sostegno. Un
silenzio pieno d'amore può, quindi, essere di grandissimo conforto, talora
preferibile pure ad affermare di sapere quello che sente - anche se si è
passati per la stessa prova. La morte inquieta, isola: Ecco perché la persona
in lutto ha bisogno di presenza, di empatia e di comprensione. È una cosa
magnifica starle accanto in modo discreto ed efficace, non imponendosi, ma
proponendosi in molti modi: prepararle un pasto, fare un bucato o sbrigare un po'
di faccende domestiche, offrirsi di guardare i bambini, fare degli acquisti o
facilitare una pratica amministrativa, ...» (p. 86). E «se, al contrario, è
lei a chiedere di rendersi utile per noi, non bisogna privarla soprattutto
della sensazione di essere pienamente inclusa nella collettività e sempre
legata agli altri» (p. 87).
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