Il volume di Gerald O’Collins, Cristologia. Uno studio biblico, storico e sistematico su Gesù Cristo di recente ristampa per i
tipi della Queriniana (la prima edizione italiana risale al 1997, mentre l’edizione
originale inglese al 1995) costituisce meno un manuale di cristologia per
l'insegnamento del primo ciclo e più un saggio di temi di cristologia.
Il lavoro può essere suddiviso in tre parti: una parte
biblica, una storica e una sistematica.
Nella parte biblica, guardando al retroterra di Gesù, O’Collins
mostra come l'interpretazione dell'opera di Gesù attraverso i temi dell'Antico
Testamento ebbe inizio dalla sua stessa figura. I primi cristiani
identificarono Gesù con il Messia promesso, e Gesù stesso interpreta in senso
messianico la sua persona ed attività. Sia lui che i suoi seguaci operarono
però una massiccia reinterpretazione della figura messianica.
Guardando alle fonti su gesù, l’a. afferma che è bene ricordare
come la conoscenza delle altre personalità costituisca sempre, in misura pari o
anche maggiore della conoscenza di ogni altra realtà, una conoscenza personale.
Questo significa che dobbiamo fare i conti non soltanto con il mistero elusivo
dell'altra persona, ma anche con la natura inevitabilmente soggettiva della
nostra stessa conoscenza, in particolar modo quando si tratta di fare
esperienza e di conoscere la realtà delle altre persone. D'altronde
storicamente non è mai esistito un Gesù non interpretato, non teologico.
Dopo la considerazione del retroterra e della ricostruzione
della figura di Cristo, il lavoro di O’Collins si concentra in gran parte sulla
«cristologia dei titoli». l'a. ha come interlocutori impliciti gli esegeti e i
critici che scrivevano nel periodo della prima redazione del testo dove si respirava
quello che da molti studiosi venne chiamato successivamente «l'ermeneutica del
sospetto» nei confronti dei testi evangelici. Da cui si evince l'intento
apologetico (nel senso buono del termine) nel mettere in evidenza la
sostenibilità delle affermazioni bibliche come coerenti con la fede,
La cristologia dei titoli di O’Collins guardano a Gesù, come
figlio dell'uomo, risorto, figlio di Dio, Signore, spirito.
In questi due volti del lavoro, emerge una convergenza e una
complementarietà tra la cristologia dal basso e la cristologia dall’alto e l’a.
stesso chiarisce che «nella cristologia abbiamo bisogno di entrambi gli
approcci sia ‘dall’alto’ che ‘dal basso’, così come l’intera chiesa è stata
costantemente arricchita sia dalla scuola di Alessandria che da quella di
Antiochia».
La redenzione in chiave di amore
A mio parere, il capitolo più geniale dell’opera è il
capitolo dodicesimo che affronta il tema della redenzione, tema sul quale l’a.
aveva già scritto molto. O’Collins espone varie posizioni di spicco sull’interpretazione
dell’opera salvifica di Cristo e infine elabora il tema dell’amore che
considera «la chiave di lettura più promettente della redenzione».
Per comprendere la redenzione, è interessante capire cosa
significhi il peccato. «Una delle più memorabili parabole di Gesù inizia
raffigurando il peccato come un figlio minore che abbandona la casa del padre
per andarsene in un paese lontano (Lc 15,13)». Il peccato, in altre parole, è
rifiuto dell’amore. Quindi, non è fuori luogo cogliere la redenzione come
restaurazione della relazione e dell’amore.
Una importantissima caratteristica dell'amore, tanto umano
che divino, è «la sua attività creatrice e ri-creatrice. L'amore è, prima di
tutto, creatore: dà vita ed esistenza a ciò che prima non esisteva». Se l'amore
di Dio è la chiave della creazione e della conservazione del mondo, tanto più
deve essere considerato la chiave della nuova creazione di tutte le cose nella
redenzione e nella sua consumazione finale.
«La lettera a Tito coglie bene la relazione profonda che
lega tra loro rivelazione e salvezza quando dichiara: “E apparsa infatti la
grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli esseri umani” (Tt 2,11).
Pochi versetti dopo, la lettera torna ad esprimere la stessa idea, ma
occupandosi più esplicitamente del ruolo dell'amore nell'autorivelazione divina
già avvenuta: “Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore
nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati” (Tt 3,4-5). L'amore
ha prodotto F automanifestazione divina, un'automanifestazione in Cristo che ci
ha salvati».
L'amore, infine, riconcilia ed
unisce. Questa caratteristica dell'amore «trova perfetta rappresentazione nella
parabola del figliol prodigo, che sarebbe meglio chiamare la parabola del padre
misericordioso (Lc 15,11-32). L'amore del padre non arriva soltanto ad
accogliere in casa il figliol prodigo, ma ad affrontare l'amarezza del figlio
maggiore. L'amore è per sua stessa natura una forza reciproca e rimane
incompleto finché i suoi sentimenti non sono ricambiati e non si instaura una
piena reciprocità di dare e ricevere».
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