Tutti abbiamo le nostre notti e i nostri periodi bui, ma
possiamo vivere questi periodi come tramonto o come un tempo che precede l’alba,
un’alba per cui lottare. «C’è chi si fissa a vedere solo il buio – scrive
Victor Hugo –. Io preferisco contemplare le stelle. Ciascuno ha il suo modo di
guardare la notte».
Trasformazione dello sguardo è parte della “conversione” di
cui parla la fede, la quale abbiamo definito come «cambio di mentalità» e «cambio
di visione». Chesterton ci ricorda che «la fede non cambia il paesaggio, ma
modifica lo sguardo dell’uomo».
Possiamo limitarci a
maledire il buio, oppure, sfruttare il buio per contemplare la bellezza delle
stelle. Possiamo spegnerci o diventare stelle noi stessi.
La nascita di una perla
Il primo atteggiamento, quello di cambiare lo sguardo e di
guardare diversamente, è già positivo. Esso parte dall’occhio che, se è
luminoso, illumina tutta la persona (cf. Mt 6,22). Ma questo primo
atteggiamento è strettamente collegato al secondo: quello dell’azione e della
reazione.
Un esempio eloquente di questo atteggiamento reattivo è
quello dell’ostrica che forma la perla al suo interno. È un processo davvero
interessante e che fa molto pensare. Quando un corpo estraneo, come un
granellino di sabbia o un parassita, entra nell’ostrica, quest’ultima produce
per proteggersi una sostanza cristallina. Questa sostanza, nota come
madreperla, si secerne attorno al corpo estraneo per neutralizzarne il
probabile effetto nocivo. Finché il corpo rimane nel mantello soffice dell’ostrica,
quest’ultima continua a produrre la sostanza cristallina. In questo modo nasce
quella meraviglia della natura che è la perla. La perla non è altro che è una
ferita cicatrizzata. Un trofeo di guerra.
Considerando il comportamento dell’ostrica, possiamo notare che essa non si limita a prendere atto del “male” che ha subìto, ma trasforma questa presa di coscienza in reazione, in un’azione produttiva.
Negli eventi della vita, non ci è dato sempre di capire il
male ma di carpire il bene.
Dio non ci chiama tanto a comprendere il male, quanto a
capovolgerlo, a rovesciarlo dal suo trono di orgoglio, con la forza umile del
bene.
Il Signore non ci chiama a un raccolto facile del bene, ma a
una seminagione di speranza che sa vincere anche con la resilienza dell’attesa
attiva.
Il testo è tratto dal volume Il nascondiglio della gioia. Parabole sul mestiere di vivere, Tau Editrice 2018.
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