Come si fa a pregare? Connettersi col divino, con
l'infinito, con un Dio personale, eccetera, è un desiderio innato in ogni
essere umano. Per questo, la preghiera, in varie forme e concezioni, è connaturale
all'uomo.
Ma chi tra di noi cerca di pregare o di imparare a pregare,
sa che allo stesso tempo questo grande desiderio così radicato in noi, ci è
così altrettanto estraneo, perché la preghiera ci risulta difficile. In una
parola, possiamo dire che il nostro rapporto alla preghiera è un rapporto
paradossale: un rapporto scisso tra attrazione e fuga.
La preghiera rimane un dono di Dio. È lo Spirito di Dio che
prega nell'uomo. Così ci insegna san Paolo, così ci insegna la fede cristiana.
Ma questo dono può essere messo a frutto, come in tutte le cose, anche attraverso
la collaborazione umana. Per questo gli accorgimenti pratici possono aiutare la
fioritura di questo dono in noi.
Inoltre, come puntualizza Anselm Grün nel suo libro Piccolascuola di preghiera. La vita spirituale, edito dalla Queriniana, il tema
della preghiera è in stretta relazione con l'immagine che si ha di Dio: «Se
considero Dio soprattutto come colui che aiuta nelle difficoltà, ecco che
questo Dio risulta facilmente sostituibile con le molte possibilità che oggi
scienza e tecnica ci offrono quando si tratta di risolvere problemi. Pregare
significa però immergersi nel mistero di Dio, trascendere la realtà data per
aprirsi al Dio che non rimane racchiuso nel nostro mondo, bensì lo travalica» (pp.
9-10).
Cosa pregare
Grün ci porta nella scuola di preghiera di Gesù stesso
partendo dall' episodio di Luca 11, 2-4 dove i discepoli chiedono al Signore di
insegnar loro a pregare e il Maestro insegna la preghiera del Padre Nostro. L'A.
osserva che Gesù indica in prima istanza che cosa dobbiamo pregare,
quale debba essere il contenuto della nostra preghiera.
La prima parola della preghiera insegnata da Gesù ci dice il
destinatario della nostra preghiera, a chi rivolgere la nostra preghiera.
È significativo che il termine greco per la preghiera, proséuchestai,
contenga un pros, un «a», indicante il primato del destinatario della
nostra supplica. La preghiera cristiana si rivolge non semplicemente a Dio, ma
un Dio Padre, a un Abbà.
La prima supplica vera e propria del Padre Nostro è
interessante: essa pensa a Dio, pensa al suo nome, pensa alla sua gloria. Non
pretende che Dio sia a disposizione dell'uomo, ma mette l'uomo a disposizione
di Dio.
L'A. spiega che la richiesta che il suo nome venga
santificato «significa per me che Dio si rende manifesto come Dio. Egli può
manifestarsi come Dio, come il Dio santo che sfugge a ogni parametro umano, che
non si lascia afferrare» (p. 15).
Le parabole della preghiera
Dopo la spiegazione delle suppliche del padre nostro, l'A. si
sofferma sulle parabole attraverso cui Gesù insegna a pregare. La prima
parabola è quella della vedova importunata da un avversario, la quale si
rivolge a un giudice e che ottiene giustizia proprio per la sua insistenza.
L'A. interpreta questa parabola in forma allegorica vedendo
nella vedova l'anima e nell’avversario che la importuna i pensieri, le
tentazioni, le difficoltà che ostacolano la preghiera.
In seguito, l'A. Analizza la parabola della preghiera del fariseo
e del pubblicano, la quale ci presenta un contrasto di immagini che abbiamo di
noi stessi quando preghiamo. La preghiera del fariseo è una forma di «narcisismo
religioso». Il pubblicano, invece, è più realista, in quanto avverte la sua
distanza rispetto a Dio.
Pregare con Gesù, ovvero, i salmi
Grün analizza poi alcuni momenti in cui Gesù prega, a
partire dal battesimo, la scelta dei discepoli, prima della professione
messianica di Pietro, la preghiera nell'orto degli Ulivi e, infine, la
preghiera di Gesù in croce prima di morire.
Successivamente, l'A. analizza la scuola di preghiera dei
salmi la quale, secondo Rainer Maria Rilke, «è uno dei pochi libri in cui uno
si trova del tutto a casa, per quanto distratto, disordinato e contestato egli
sia».
L’A. afferma che i salmi mi invitano ad esprimere tutti i
moti dell'anima davanti a Dio: «nel pregarli posso sperimentare come, nel
momento in cui esprimo davanti a Dio i miei sentimenti – anche la mia rabbia,
la mia ira, la mia disperazione, la mia delusione – , tali sentimenti si
trasformino» (pp. 36-37).
Grün si sofferma sulla nostra difficoltà di pregare alcuni
salmi che parlano di violenza contro i nemici e spiega che noi non dobbiamo
prendere alla lettera i nemici e gli empi, ma considerarli immagini delle forze
negative che vogliono nuocere a noi. Possono essere potenza esteriori o
interiori che vogliono tenerci lontani da una vita con Dio.
È interessante ricordare che Gesù stesso pregava i salmi, e
per questo sant'Agostino ha ragione a concepire i salmi soprattutto come «preghiera
di Gesù». In questo senso possiamo pensare che pregando i salmi stiamo di fatto
pregando con Gesù Cristo. Possiamo pregare i salmi come vox Christi,
come voce di Cristo, assumendone un nuovo significato.
Pregare i salmi e far diventare le parole di Dio parole
nostre a Dio. In questo senso, dobbiamo diventare noi gli autori del salmo.
I volti della preghiera
In seguito l'A. si sofferma sui vari modi di pregare
partendo dalla lode. Egli osserva che nella Bibbia vivere (Leben) e
lodare (Loben) sono la stessa cosa. Chi non eleva più la lode smette di
vivere. Sinclair Lewis afferma: «Lodare non è nient'altro che salute interiore
che si fa sentire».
Nella lode riconosciamo che non siamo creatori del mondo,
bensì creature.
L'A. presenta poi varie forme di preghiera tra cui la
preghiera di domanda, di intercessione, il ringraziamento, l'adorazione. A
proposito di quest'ultimo gesto di preghiera, l'A. offre una interessante
analogia dicendo: «L'adorazione in quanto dimenticarsi ha luogo anche quando
serve un tramonto e sono semplicemente presente nell'atto di osservare. Vengo
toccato, catturato, e dimentico me stesso non bado neanche ai miei sentimenti» (p.
62).
Altre forme di preghiera considerate sono il lamento, le
giaculatorie, la cosiddetta “preghiera di Gesù”, la preghiera che ritma
l'orazione con il respiro. Dopo questo, Grün passa a parlare dell'importanza
della gestualità e del corpo nella preghiera.
L'ultima parte del libro, oltre a guardare alla preghiera
comune, all'ufficio, Guarda anche alla necessaria convergenza tra preghiera e
azione. L'A. cita un testo interessante di Reynolds Schneider il quale afferma:
«Pregare e agire non vanno separati l'uno dall'altro. Come potrebbe avere buon
esito un'azione senza preghiera? Come potrebbe chi prega intensamente non
ricevere la forza per agire?».
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