L’Ecclesiaste è uno di quei libri enigmatici e impegnativi
che accompagnano la storia della Chiesa. Un libro che mostra che la Bibbia non
è il libro delle risposte, ma il libro delle domande più fondamentali.
Il libro del Qohelet non è uno scritto di pietà con
istruzioni per l’uso, ma un libro sapienziale dal grave e profondo respiro. Il
suo aroma vero non si rivela a primo acchito, ma soltanto spezzando la crosta
dura delle righe e delle espressioni ferendo la parola e lasciandosi ferire da
essa.
Non a caso, nel suo commento sul libro, Gianfranco Ravasi
considera questo libro della Tenach «il libro più originale e “scandaloso”
dell’Antico Testamento».
Di questo libro abbiamo oggi tra le mani un’edizione critica
lungamente attribuita a Gregorio di Agrigento. La ricerca successiva è riuscita
a risalire a un autore più verosimile, Metrofane (912 A.D. circa). Così il
libro viene pubblicato dalle edizioni Città Nuova sotto il nome di Pseudo-Gregorio
di Agrigento, Commentario all'Ecclesiaste.
In questo testo, l’autore prosegue l’approccio esegetico che
risale a Origene, inserendo il testo in un triplice ordine che raggruppa in
sequenza Ecclesiaste, Sapienza e Cantico dei Cantici. Il libro dell’Ecclesiaste
viene considerato come il «libro della fisica», ovvero il libro per aiutare l’uomo
nella sua vita naturale, anche se – e sarebbe difficile che non lo fosse – l’autore
riesce a presentare delle pennellate mistiche nei suoi commenti.
A mo’ d’esempio cito una delle pagine dell’autore del
commentario, dove si nota, oltre lo sforzo dell’interpretazione letterale, il
salto dell’esegesi spirituale ed allegorica.
«E, se colui che è solo viene sopraffatto, in due
resisteranno davanti a lui, e la corda a tre capi non si strappa facilmente».
Ed ecco il commento di ps. Gregorio a questo versetto, commento che parte dalla
lettura morale e sbocca nella lettura allegorica e teologica.
L’autore vede in questa immagine della corda a tre capi un’immagine
dell’anima umana con la parte irascibile, razionale e concupiscibile e afferma
che «quando sono concordi le tre parti dell’anima, la stabilità congiunta della
convenientemente santa e spirituale condotta di vita sarà rinvenuta più salda».
Ma aggiunge poi:
«Probabilmente, ora, il sapiente Ecclesiaste con l’immagine
della triplice corda allude a qualche ragionamento mistico e divino attraverso
l’immagine della corda a tre capi: forse rappresenta, infatti, la
monadica tearchia costituita dalle tre tearchiche ipostasi, insegnandoci la
dottrina della nostra fede luminosa nell’ordinare insieme e quasi intrecciare
tre coeterne persone, uguali in potenza e della stessa natura, congiunte in un’unica
natura, potenza, signoria e dominazione. Quelli infatti che sono stati fatti
degni de credere così, qualche eretico ed empio non facilmente li potrà
strappare dalla vita eterna e dalla beata speranza».
Robert Cheaib
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