L’amore del prossimo è il concetto fondamentale dell’etica
cristiana, ma tale proposta, piuttosto che essere una risposta a tutte le
domande, suscita a ben vedere tanti interrogativi. Innanzitutto, ci si chiede:
in che cosa consiste questo amore? E, più radicalmente, come chiedeva
Rosenzweig, si può comandare l’amore? Perché si dice «come te stesso»? è un
bene amare se stessi? Quanto al rapporto tra amore e perdono: non è un sancire
un’ingiustizia? Può uno – come un padre o una madre – perdonare il male fatto a
un altro, nel caso del nostro esempio un figlio?
Queste e tante altre domande fanno capire germinalmente
quanto il tema dell’amore non sia un tema “pacifico”. Il volume di Thomas
Söding, L’amore del prossimo. Il comandamento di Dio come promessa ed
esigenza, attraversa la questione dell’amore del prossimo dialogando con
tante delle sue sfide. Il libro ben si avvicina alla riflessione fatta da Werner Jeanrond in un altro volume pubblicata dalla collana BTC con il titolo Teologia dell’amore, anche se, nel caso specifico della riflessione di Söding
notiamo una maggiore concentrazione sulla dimensione “orizzontale” dell’amore e
una più ampia riflessione biblica e meno spazio agli sviluppi teologici.
Va sottolineato sin da subito che l’amore del prossimo non è
una prerogativa del Nuovo Testamento e nemmeno di Gesù in modo specifico. Tant’è
vero che Gesù stesso allaccia la sua proposta dell’amore del prossimo al
precetto della Torah. Per questo, la riflessione del NT non va guardata
in maniera isolata. Per questo l’a., oltre a tracciare le radici lessicali dell’amore
nell’AT e nel NT, dialoga anche con la cultura ebraica, atmosfera in cui Gesù
ha vissuto e alla quale ha attinto nella sua maturazione storica.
Quello che trapela dal testo di Söding è che «il significato
fondamentale dell’amore del prossimo dipende proprio dalla relazione con Dio e
col suo comandamento». In altri termini, la relazione orizzontale con il
prossimo acquisisce un valore teologico e costituisce un’esperienza religiosa
che lega l’uomo al suo Signore.
Un altro tratto che si evidenzia sin da subito nella
riflessione di Söding sono i possibili fraintendimenti a cui è stato sottoposto
il comandamento dell’amore di Gesù. Due tra questi esempi sono particolarmente
eloquenti. Ad esempio, Karl Marx considera che nella lotta di classe il
messaggio dell’amore è «fatica sprecata» perché camuffa i contrasti e nel
dubbio guida sempre gli oppressi alla pazienza, trasformando la religione in
oppio del popolo, tanto che si può arrivare a misurare l’oppressione con l’estensione
della prassi religiosa: «l’ipoteca che il contadino possiede sui beni celesti
garantisce l’ipoteca che il borghese ha sui poderi del contadino».
Un altro parere più recente di un «rispettoso no» è quello
dello studioso dell’ebraismo Jacob Neusner il quale considera come lesivo all’identità
nazionale e alla natura della Torah l’insegnamento di Gesù nel cosiddetto
sermone della montagna. Secondo Neusner, il discorso di Gesù distrae dal popolo
e dalla Torah per concentrare la riflessione su di sé e sulla propria visione.
Queste due sfide sono sufficientemente espressive per
evidenziare l’urgenza di una riflessione sul volto più provocante della
proposta cristiana dell’amore del prossimo che, sebbene dialoghi e integri elementi
precedenti, ha una sua unicità e radicalità che interroga anche oggi.
Robert Cheaib
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