Il discernimento non è una sorta di problem solving
system che fornisce strumenti sempre più infallibili per vivere con il
minimo sforzo e il massimo profitto. Il discernimento è mettersi in ascolto
della voce dello Spirito «che parla nella storia e nell’intimo di ciascuna
persona». Quindi la domanda sul discernimento «riguarda il modo per riconoscere
e seguire questa voce fra le tante che si fanno udire».
Nel libro Il discernimento, Giacomo costa dialoga con
gli insegnamenti di papa Francesco, offrendo un quadro sul discernimento nella
tradizione cristiana in triplice chiave: nel pensiero di sant’Ignazio di
Loyola, nei testi del Vaticano II e del magistero episcopale fino ad Aparecida
e, infine, nel pensiero di Francesco.
La presentazione dei principi è poi applicata ad alcuni
luoghi del discernimento ecclesiale partendo dalla formazione della coscienza personale,
passando per i gruppi, le organizzazioni e le comunità ecclesiali, giungendo ad
evidenziale alcuni principi per il discernimento ecclesiale e sociale oggi.
Guardando agli insegnamenti di Francesco sul discernimento,
ci sarebbe l’imbarazzo della scelta perché il Pontefice torna sul tema
continuamente. Guardando ad esempio a Evangelii Gaudium notiamo che nel
n. 51, Francesco parla di tre verbi: riconoscere, interpretare e scegliere.
Questi tre verbi, se vissuti in un clima di profondo ascolto interiore,
delineano uno stile per i singoli e per le comunità. Il discernimento per il
papa si può definire come una disposizione di affidamento a un Dio che
chiama a camminare perché la volontà di Dio non si riconoscere una volta per
tutte, ma un cammino rinnovato e che rinnova.
Il discernimento non è un atto di protagonismo spettacolare,
ma un cammino umile nel quotidiano, «nella vita – afferma Francesco in un incontro
privato con alcuni gesuiti polacchi – non è tutto nero su bianco o bianco su
nero. No! Nella vita prevalgono le sfumature di grigio. Occorre allora
insegnare a discernere in questo grigio».
La nostra capacità di riconoscere e di discernere è
compromessa dal multitasking della vita attuale dove «i nostri giovani sono più
esposti a uno zapping continuo. Possono navigare su due o tre schermi aperti
contemporaneamente, possono interagire nello stesso tempo in diversi scenari
virtuali». È lì che bisogna insegnare a riconoscere e a scegliere, in una
parola, a discernere.
Questo lavoro di discernimento va effettuato in un’atmosfera
di fiducia che lo Spirito lavora in ciascuno. Un lavoro che trova compimento
nella scelta. Perché «per diventare uomini del discernimento, bisogna
essere coraggiosi, dire la verità a se stessi. Il discernimento è una scelta di
coraggio, al contrario delle vie più comode e riduttive del rigorismo e del
lassismo […]. Educare al discernimento vuol dire “esporsi”, uscire dal mondo
delle proprie convinzioni e pregiudizi per aprirsi a comprendere come Dio ci
sta parlando, oggi, in questo mondo, in questo tempo, in questo momento, e come
parla a me, adesso».
Robert Cheaib
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