Se tutto scorre ed evolve, la fedeltà non diventa una
fossilizzazione? Non è meglio preferire ad essa «il culto delle sincerità
successive, talmente in voga nelle nostre culture innamorate dell’autonomia
degli individui?». Queste e altre domande pone Véronique Margron nel libro Fedeltà– infedeltà. Questione viva. L’autrice considera il porre queste domande
come un dovere se vuole rimanere fedele a se stessa.
La fedeltà ha bisogno di un fondamento: la fede. «Non c’è
fedeltà se non con una parte di fede» (10). Così anche, per riprendere un
titolo di Kierkegaard, non c’è fedeltà senza ripetizione, anzi, - meglio
specificare – senza «buona ripetizione» che non è il semplice reiterare del già
fatto. «La “buona ripetizione”, quella che è fedele e amorevole, è uno “spartiacque”
sospeso sul bordo dei solchi mortiferi della ripetizione stessa» (12).
La fedeltà non è un valore fra altri, «è il valore
attraverso il quale, e per il quale, esistono dei valori». Fedeltà non
è essere fedele a qualsiasi cosa, ma ai valori veri, altrimenti non sarebbe
fedeltà, ma fanatismo, caparbietà limitata, testardaggine, … La fedeltà,
quindi, non vale per se stessa, ma per il valore per il quale sceglie di essere
fedele. «La fedeltà nella stupidità – scrive Vladimir Jankélévitch – è una
stupidità in più (c’è una fedeltà alle piccole cose che è meschinità […] rimasticamento
e testardaggine […]). La virtù che vogliamo non è dunque tutta fedeltà, ma
soltanto buona fedeltà e grande fedeltà».
Scrive l’a. che «il cuore della fedeltà è l’amore per un
legame che fa vivere. Non dimentichiamo che in latino “credere” rinvia a “dare
il proprio cuore”» (16).
Non dare il cuore e vivere di rinnovate esperienze potrebbe
sembrare più piccante come stile di vita. È lo stile del don Giovanni di
Molière dove si sostiene che «le simpatie nascenti, in definitiva, hanno un
fascino inesplicabile, e tutto il piacere dell’amore è nei mutamenti». Questo
infedele non può veramente godere perché è in continua fuga in avanti, fuga da
se stesso. «La sua fedeltà è una scelta: tutte le donne sono delle occasioni
per sedurre ed essere sedotto, dei semplici pretesti. Desiderare una donna
significa possederla. Possederla significa lasciarla. L’altro non ha valore.
Don Giovanni crede di poter sfuggire alla sua manchevolezza riempiendosi di
conquiste» (24). «Come Narciso, è prigioniero del proprio specchio» (25).
Voltando pagina, l’a. ci porta nel cuore della riflessione
biblica e segnala un fatto interessante: «il termine “assoluto” non
caratterizza il Dio biblico, ma il termine “fedele” dice il suo essere
fondamentale. Dio è santo, giusto, amorevole, appassionato, sapiente… tutti
questi aggettivi possono essere tradotti in una sorta di sintesi
sovrabbondante: fedele-ḥesedh» (28). Ora questo termine, così
fondamentale nella Bibbia, è spesso associato a un altro termine: neemānuth,
che deriva da ’emuna, fedeltà, ed è imparentato con ’emet, verità.
La misericordia di Dio è associata alla sua fedeltà. La fedeltà è associata a
una presenza fedele e misericordiosa. La fedeltà richiede «nell’amore come nell’amicizia,
una presenza, e la presenza rinvia sempre alla realtà e alla verità di un
impegno, di un coinvolgimento» (54).
Robert Cheaib
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