All’interno del suo ampio magistero, papa Francesco ha
parlato frequentemente del tema dell’educazione e della pedagogia. Forse il
testo che parla in modo più sostanzioso del tema è il capitolo VII di Amoris
laetitia. L’interesse del papa verso il tema educativo, però, risale a
molto prima del papato.
Il testo curato da Ernesto Diaco, L’educazione secondopapa Francesco, raccoglie i contributi dei vari relatori della X giornata
pedagogica del Centro studi per la scuola cattolica, svoltosi a Roma nel mese
di ottobre 2017. Questo testo manifesta un interesse e un’attenzione estensiva
di Bergoglio verso il tema educativo sin dal suo impegno pastorale come
arcivescovo di Buenos Aires.
Presentando il testo, Ernesto Diaco, Direttore dell’Ufficio
nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza
Episcopale Italiana, sottolinea che «oltre a favorire un’approfondita e diffusa
conoscenza delle idee pedagogiche di papa Francesco, assai rilevanti per
comprenderne la personalità e l’azione, il volume intende anche tenere viva l’attenzione
educativa nella comunità ecclesiale e nella più ampia società civile,
ricordando con i vescovi italiani che “il tempo dell’educazione non è finito”».
Possiamo riassumere alcune delle intuizioni di papa
Francesco attraverso le sue parole stesse, specie quelle pronunciate durante
due udienze generali, una dell’otto aprile 2015 e l’altra, un po’ più di un
mese dopo, il tredici maggio 2015. In quel contesto il papa ebbe a dire:
«Coloro che hanno il compito di governare, di educare, ma
direi tutti gli adulti, siamo responsabili dei bambini e di fare ciascuno ciò
che può per cambiare questa situazione. Mi riferisco alla “passione” dei
bambini. Ogni bambino emarginato, abbandonato, che vive per strada mendicando e
con ogni genere di espedienti, senza scuola, senza cure mediche, è un grido che
sale a Dio e che accusa il sistema che noi adulti abbiamo costruito. E
purtroppo questi bambini sono preda dei delinquenti, che li sfruttano per
indegni traffici o commerci, o addestrandoli alla guerra e alla violenza. Ma
anche nei Paesi cosiddetti ricchi tanti bambini vivono drammi che li segnano in
modo pesante, a causa della crisi della famiglia, dei vuoti educativi e di
condizioni di vita a volte disumane. In ogni caso sono infanzie violate nel
corpo e nell’anima. Ma nessuno di questi bambini è dimenticato dal Padre che è
nei cieli! Nessuna delle loro lacrime va perduta! Come neppure va perduta la
nostra responsabilità, la responsabilità sociale delle persone, di ognuno di
noi, e dei Paesi».
«Va bene, una persona ben educata chiede permesso, dice
grazie o si scusa se sbaglia. Va bene, la buona educazione è molto importante.
Un grande vescovo, san Francesco di Sales, soleva dire che “la buona educazione
è già mezza santità”. Però, attenzione, nella storia abbiamo conosciuto anche
un formalismo delle buone maniere che può diventare maschera che nasconde
l’aridità dell’animo e il disinteresse per l’altro. Si usa dire: “Dietro tante
buone maniere si nascondono cattive abitudini”. Nemmeno la religione è al
riparo da questo rischio, che fa scivolare l’osservanza formale nella mondanità
spirituale. Il diavolo che tenta Gesù sfoggia buone maniere e cita le Sacre
Scritture, sembra un teologo! Il suo stile appare corretto, ma il suo intento è
quello di sviare dalla verità dell’amore di Dio. Noi invece intendiamo la buona
educazione nei suoi termini autentici, dove lo stile dei buoni rapporti è
saldamente radicato nell’amore del bene e nel rispetto dell’altro. La famiglia
vive di questa finezza del voler bene».
Robert Cheaib
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