L’esegesi è una scienza in continua evoluzione e il suo
continuo movimento impone almeno una certezza: non bisogna assolutizzare alcuna
delle conclusioni raggiunte perché, ormai si sa, prima o poi, qualche nuova
lettura o scoperta porterà a conclusioni diverse. È in questa chiave che
bisogna leggere il libro di Rudolf Schnackenburg, Dio ha inviato il suo
Figlio. Il mistero del Natale, attingendo alla riflessione di uno dei più
significativi esegeti di lingua tedesca della seconda metà del XX secolo, come
ebbe a dire di lui Joseph Ratzinger.
La premessa non vorrebbe minimamente sminuire il valore del
volume di Schnachenburg ma semplicemente collocare la sua riflessione nel suo
tempo per poterne rettamente cogliere quanto rimane attuale oggi.
Gli otto capitoli del volume attraversano i racconti del
Natale nel vangelo di Luca e di Matteo, per soffermarsi poi su alcuni testi
significativi della letteratura paolina specie in Gal 4,4-6; Fil 2,4-8 e le
lettere pastorali di Paolo. Prima di sostare a meditare il significato del
mistero natalizio per la comprensione dell’esistenza umana, Schnackenburg si
sofferma sulla menzione “natalizia” del vangelo di Giovanni ovvero il versetto
14 del Prologo: «Il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
Il viaggio del libro, meditativo ma attento al dato
esegetico contemporaneo alla sua redazione, porta il lettore dall’enigma
irrisolto dell’uomo verso la risposta che Dio dona nel Figlio. «In Gesù Cristo –
scrive l’a. – si manifesta l’unione perfetta tra Dio e uomo – il che resta un
dato riservato esclusivamente alla persona di Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo
diventa al contempo autocomunicazione di Dio agli uomini, a tutti coloro che credono
in lui. Dio ha inviato il suo Figlio, affinché noi divenissimo figli di Dio. Il
Lógos incarnato ci ha dato il potere di diventare figli di Dio». Le
parole dell’esegeta che echeggiano il Prologo di Giovanni vengono spiegate
nella loro conseguenza da lui stesso: «Soltanto attraverso Gesù Cristo possiamo
diventare uomini veri. Soltanto considerandoci persone umane che sono state
accolte nella comunione con Dio, raggiungiamo quella pienezza dell’essere che
ci consente di vivere veramente».
Robert Cheaib
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