Proseguiamo il cammino quaresimale con gli estratti da Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio. In questa puntata ci soffermiamo sul fatto del nascondimento di Dio e sul suo senso.
Il nipote di Rabbi Baruch, il ragazzo Jehiel,
giocava un giorno a nascondino con un altro ragazzo. Egli si nascose ben bene e
attese che il compagno lo cercasse. Dopo aver atteso a lungo uscì dal
nascondiglio; ma l’altro non si vedeva. Jehiel si accorse allora che quello non
l’aveva mai cercato. Questo lo fece piangere, piangendo corse nella casa del
nonno e si lamentò del cattivo compagno di gioco. Gli occhi di Rabbi Baruch si
empirono allora di lacrime ed egli disse: “Così dice anche Dio: Io mi nascondo,
ma nessuno mi vuole cercare”[1].
Anche quando è in silenzio, Dio non tace. Il
suo nascondimento vuole manifestare una Parola che solo il silenzio che ascolta
può cogliere, accogliere, serbare ed echeggiare.
Il nascondimento di Dio non è nell’ordine dell’enigma
– che è una difficoltà insolubile – bensì nell’ordine del mistero che
implica l’esigenza di un cambiamento di attitudine, una purificazione del
cuore, una trasformazione della mentalità affinché l’uomo possa ac-cogliere il
suo Signore.
Mistero, infatti, non è ciò che non si
capisce, ma ciò che non si finisce di comprendere.
Mistero è ciò che si capisce sempre meglio
nella misura in cui ci si lascia trasformare e cambiare da quanto è colto e
accolto.
Mistero non è la realtà oscura, ma la realtà
luminosa, luminosissima, che illumina il resto e che viene compresa nella
misura in cui si viene rapiti nell’irradiazione della sua luce.
Rabbi Raffaele di Berschad, lo scolaro
preferito di Rabbi Pinhàs, raccontava: “Il primo giorno della festa di Hanukkà
io mi dolsi col mio maestro di come riesca difficile, a chi si trova nell’avversità,
conservare intatta la fede nella provvidenza divina per ogni singola creatura
umana. Sembra veramente che Dio gli nasconda il suo volto. Che si dovrebbe fare
per rafforzare la propria fede?”. “Se si sa – rispose il Rabbi – che è un nascondere,
allora non è più un nascondere”[2].
Dio si nasconde per risuscitare il desiderio
dell’uomo di cercarlo, perché solo un cuore che desidera è capace di incontrare
Dio.
Dio si nasconde per trasferire l’uomo dal
dominio dell’apparenza alla dimora dell’essere.
Dio si nasconde, affinché l’uomo non lo
fossilizzi nelle sue astrazioni e negli idoli delle sue pseudo-certezze.
Dio si nasconde affinché l’uomo non si adagi,
non si adegui, ma si rimetta continuamente in cammino, sulle strade della fede
che ci educa a fidarci del Dio i cui pensieri sono lontani dai nostri[3].
Dio si nasconde perché ha bisogno dell’aiuto
dell’uomo per manifestarsi. È scandaloso, ma così è! Pensiamo che è Dio ad
aiutare l’uomo. È vero. Ma è altrettanto vero che è l’uomo ad aiutare Dio. A
Dio è piaciuto così: lui che non ha bisogno di nessuno ha voluto aver bisogno
dell’opera della creatura umana per manifestare la sua opera creatrice e
ricreatrice.
[1] M. Buber, I racconti dei Chassidim,
Garzanti, Milano 1979, 140.
[2] Ibid.,
165.
[3] Cf. Is 55,8-9.
Robert Cheaib
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