Il libro di
Giobbe è un libro speciale per vari motivi, almeno per due: per il personaggio
e per il tema. Il personaggio riportato dalla narrazione è un uomo saggio,
venuto prima della legge di Israele, portatore di una religiositĂ innata che si
esprime nel principio della saggezza: il timore del Signore. Il tema che
attraversa il libro, invece, è quello che rende Giobbe contemporaneo e
significativo per ogni tempo e per ogni persona: il tema del dolore e, in
particolare, del dolore innocente.
Il commento disan Giovanni Crisostomo a questo libro biblico – di cui la Collana “testi
patristici” di CittĂ Nuova offre la prima traduzione italiana – acquisisce un’importanza particolare per la
profonditĂ del santo vescovo nell’analisi del testo seguendo l’approccio
letterale della scuola antiochena.
Il Crisostomo
analizza la caduta libera della sorte di Giobbe, una disgrazia non provocata da
un peccato personale, ma da situazioni estrinseche all’uomo giusto. Giobbe,
dinanzi alla disgrazia non perde la grazia, non bestemmia e non perde la sua
fiducia in Dio: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerĂ². Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il
nome del Signore!». Giobbe aggiunge poi: «Se da Dio accettiamo il bene, perchĂ©
non dovremmo accettare il male?». Il Crisostomo commenta invitando il lettore a
tirare fuori la lezione: «Non addoloriamoci dunque del fatto che soffriamo
senza meritarcelo. Soprattutto perché Dio era padrone di dare anche solo i
mali. Se ci ha dato anche dei beni, perché ce la prendiamo? Vedi come in nessun
caso Giobbe parla di peccati o di buone azioni, ma dice solo che è possibile
che Dio faccia ciĂ² che vuole. Ricordati la felicitĂ di una volta e non dovrai
faticare a sopportare le difficoltĂ presenti. Basta, a nostro conforto, che sia
il Signore a mandarcele. Non parliamo di giustizia o di ingiustizia».
Il Crisostomo
segue passo per passo la storia di Giobbe, commentando i lunghissimi dialoghi
con gli amici, dove l’autore del libro sacro smonta con un approccio letterario
e dialogico le varie teorie esplicative del male, soprattutto quella retributiva.
Ogni amico di Giobbe presenta la sua teologia. Elifaz afferma l’impossibilitĂ
che qualsiasi essere (umano o angelico) possa essere puro al cospetto di Dio.
Quindi nega così la possibilità di reclamo di Giobbe di essere giusto e
innocente.
Bildad va oltre
con la sua lettura dicendo che le sofferenze non sono necessariamente per i
cattivi, ma anche per i giusti, anzi per provare la giustizia dei giusti.
Sofar si sofferma
sull’incomprensibilitĂ dei disegni di Dio insinuando che la misteriositĂ delle
vie di Dio dovrebbe mettere a tacere Giobbe.
Giobbe non si
rassegna ai ragionamenti teorici dei suoi amici fondati piĂ¹ su congetture che su
fatti. E li accusa di ripetere continuamente gli stessi vacui ragionamenti. E
allora si affaccia sulla scena Eliu il quale – come annota il Crisostomo – ha il
ruolo di avanzare il ragionamento che nel dichiarare la propria innocenza,
Giobbe sta mettendo in accusa il Signore. Eliu, pur presentando una prospettiva
nuova, riporta il discorso su Dio e si pone – come gli altri – dal punto di
vista di Dio, dimenticando l’uomo sofferente. Dice il Crisostomo di lui:
«Questi che parla per ultimo afferma molte cose che Dio avrebbe detto per
difendersi meglio».
Giobbe,
insoddisfatto da tutti i ragionamenti degli amici, vuole parlare direttamente a
Dio. Non gli bastano le spiegazioni degli amici, vuole una spiegazione da Dio
stesso. Nel confronto con Dio, il Crisostomo evidenzia una sua (discutibile) tesi secondo la
quale «Giobbe fu punito nel corpo in questa vita perchĂ© potesse richiedere una
ricompensa nell’altra». La prova serve paradossalmente non per mostrare che
Giobbe è peccatore ma per mostrare che è giusto. Giobbe insegna come rispondere
al male che di fatto è presente nel mondo. E Giovanni Crisostomo invita a
imparare la lezione del giusto: «Impara da questo la pietĂ dell’uomo che, pur
essendo uomo, resiste a cose piĂ¹ dure delle pietre mediante il timore di Dio».
Il libro di
Giobbe finisce rispondendo ad alcune domande e spalancando la porta a tante
altre. Anche la lettura di questo commento di Giovanni Crisostomo, lascia tante
domande aperte perchĂ© la domanda del male non è una domanda meramente teorica. Ăˆ
una domanda esistenziale e la risposta ad essa passa per l’esistenza.
Robert Cheaib
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