Che gli scritti di san Paolo non siano tra le letture le più
facili – almeno tra gli scritti del Nuovo Testamento – lo si sottolinea negli
stessi scritti neotestamentari. Si tratta, per la precisione, di un’affermazione
di 2Pt 3,15-16: «La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza:
così vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza
che gli è stata data, come in tutte le lettere, nelle quali egli parla di
queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli
ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro
propria rovina». Ma ciò nonostante, i suoi scritti costituiscono la prima
autentica sintesi della fede cristiana. Nel suo volume Introduzione a Paolo.Profilo biografico e teologico, Giacomo Lorusso afferma che «dal punto di
vista teologico, Paolo è il primo ad aver dato una sistematizzazione all’operato
e alla predicazione di Gesù. E molto più che non Mc, Mt, Lc, Gv, Paolo ci dà il
Gesù della Chiesa, rimanendo profondamente inserito nel contesto vitale delle
varie comunità ecclesiali alle quali si rivolge» (15).
In Paolo abbiamo una grande sintesi tra fede, esperienza e teologia. Di lui scrive Benedetto XVI in apertura dell’anno paolino: «La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo».
Nella storia del cristianesimo, molti si rifanno a Paolo,
non solo tra i cristiani ortodossi, ma anche tra gli eretici, tanto che
Tertulliano gli dà l’appello di «apostolo degli eretici». Molti e diversi sono
anche i pareri riguardo al valore e al significato del contributo di Paolo. Heinrich
J. Holtzmann, ad esempio, ritiene che Paolo, avendo operato l’ellenizzazione
del cristianesimo, sia da considerare il vero fondatore del cristianesimo.
Adolf von Harnack considera Paolo il maestro del cristianesimo e colui che
meglio comprese Gesù e la sua opera, trasferendo il vangelo dal giudaismo al
mondo pagano. Ernst Käsemann vede negli scritti di Paolo un «canone nel
canone».
Paolo continua a far discutere e riflettere e sono
attualmente – secondo Lorusso – tre i temi paolini più dibattuti: «il
significato di giustificazione, il ruolo di Paolo nel primo cristianesimo e la
matrice giudaica dell’apostolo».
Gli scritti di Paolo hanno una particolarità unica rispetto
alle testimonianze che abbiamo su Gesù nei vangeli: la maggior parte delle lettere
paoline è anteriore ai vangeli.
In Paolo abbiamo una grande sintesi tra fede, esperienza e teologia. Di lui scrive Benedetto XVI in apertura dell’anno paolino: «La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo».
Oltre alla ricostruzione delle fonti della biografia paolina,
Lorusso traccia uno schema introduttivo alla teologia paolina pur evidenziando
che «provare a ipotizzare uno schema del pensiero teologico dell’apostolo
significa dare forma a ciò che è informe». In sintonia con la tendenza
contemporanea, l’a. preferisce parlare di “lente” e “prospettive” a partire
dalle quali guardare le varie questioni anziché parlare di un nucleo della
teologia paolina, proprio a motivo della natura dinamica della produzione
paolina.
Forse tra le varie tematiche proposte è possibile
sintetizzare la prospettiva paolina con le parole di Gerald Fitzmyer che
afferma che la chiave della teologia paolina sia il porre Cristo stesso al
centro della soteriologia, un cristocentrismo cristologico che Paolo stesso
presenta in 1Cor 1,21-25: «Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il
mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio
salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei
chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo
crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che
sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini».
Robert Cheaib
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