Non è raro ritrovarci a vivere da
spettatori di noi stessi e della nostra esistenza, piuttosto che da attori. Noi
esistiamo in prima persona e non in terza. Viviamo oggi ed abbiamo l’oggi per
amare. Ora. Questo non è possibile rimandarlo. Il miracolo delle nostre
palpebre che si spalancano al mattino, così come sorge il sole dietro la
collina, il primo sguardo di chi ci sta accanto, il profumo del solito caffè
che, proprio perché è il solito, lo attendiamo
e lo pregustiamo. La ciambella al cioccolato preparata in fretta la sera prima,
i capricci per il colore della cannuccia e la scelta della tazza, dalla quale,
misteriosamente, il contenuto per metà balza fuori! Cos’è questa? La
quotidianità. Tutto ciò che si ripete ogni giorno, in mille sfumature diverse,
ma che in fondo, ci rassicura. Purtroppo, però, siamo profondamente ingrati
rispetto al quotidiano, per noi la routine è un qualcosa di scontato, eppure è
il più grave errore che possiamo commettere. Un errore di valutazione che in un
attimo ci rende tristi, delusi e perennemente desiderosi di “altro”, un termine
e un concetto indefinito, perché non sapremmo nemmeno noi, se ci venisse
chiesto, di cosa effettivamente abbiamo bisogno e di cosa ci sentiamo mancanti.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano” recitiamo nel Padre Nostro. Cosa c’è di più quotidiano del pane? E cosa c’è di più semplice? È questo il piccolo grande segreto: la semplicità. La complessità delle nostre giornate non è altro che la somma di attimi semplici, di momenti che per la legge del tempo, non torneranno mai più e che possiamo liberamente decidere se vivere o ri-mandare, con la consapevolezza, però, che non sarà mai lo stesso. Dobbiamo ammetterlo, la maggior parte di noi vive di grandi momenti nella vita, quelli che di solito vengono etichettati come “i giorni più belli”, ma a ben pensarci, se catalogati così, si contano sulle dita di una mano o, per i più fortunati, di due mani. Ebbene, può la nostra vita riassumersi e risolversi in così pochi giorni? Cosa abbiamo fatto nel frattempo, nell’altalena tra uno di quei giorni e l’altro?
Basta fermarsi a riflettere un attimo e subito appare chiaro il grande fraintendimento. Scriveva il filosofo de Montaigne “L’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose”: è la frase che mi colpì quando studiai un suo saggio, per l’interrogazione di filosofia di fine anno. Mi imposi di guardare tutto con occhi diversi, occhi meravigliati e non abituati. Il nostro sguardo e il nostro cuore devono abituarsi alla meraviglia. Devono allenarsi, perché siamo proprio fuori allenamento! La quotidianità non è abitudine bloccata, è movimento, azione, amore. La quotidianità è la nostra vita. E’ così che ho scoperto la bellezza di tutti i giorni e con essa il suo Creatore, la sua passione per noi, le infinite possibilità per rendergli grazie.
Confesso di emozionarmi davvero
davanti al profumo del pane appena sfornato, ai primi e agli ultimi raggi di
sole sul prato, alla perfezione del creato, alla tenerezza di un’amicizia, agli
sguardi dei bambini e ai loro sorrisi di cioccolata al latte, all’amore di un
padre e di una madre che piantando una siepe nel tuo giardino o cucendoti un
pantalone ti dimostrano il bene supremo, a un fratello che ti dona il suo tempo, a un compagno di vita che ti accarezza non
solo il viso o la mano, ma che prende a cuore il tuo cuore. Come essere ciechi
davanti a questa bellezza? Non è una bellezza traducibile in una formula, è
diversa per ognuno di noi, ma è quella che ti fa sentire tra le braccia del
Padre, anche nei momenti di sofferenza, quando perdi di vista i tratti di
quella bellezza, quando ti manca la quotidianità di cui tanto ti lamenti.
Eppure, in quei momenti, vorresti vivere un giorno normale.
Anche Gesù ha vissuto la sua
quotidianità per ben trent’anni. Una quotidianità normale eppure divina e santificatrice. Ed è proprio così che la bellezza della
quotidianità ci trasforma e ci trasfigura. Trasforma l’ordinario in
straordinario!
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