L’amour vrai. Au seuil de l’autre di Martin Steffens (Editions Salvator 2018).
Quando ho preso questo libro
in mano, pensavo che parlasse di amore di coppia o di “amore vero” nelle sue
varie sfumature, partendo anche dal grande valore dell’amicizia. Non mi
aspettavo un libro che parlasse di pornografia. Ma la lettura non mi è
dispiaciuta affatto. Anzi, ho gradito la riflessione dell’autore perché non si
pone nella chiave solitamente moralistica di chi tratta questi argomenti
ottenendo l’effetto contrario.
Martin Steffens è sconosciuto sulla scena italiana, ma la mia ultima visita in Francia mi ha permesso di incontrare alcune persone che facevano il suo nome con la coscienza di aver a che fare con un autore promettente. Questo mio primo approccio a un suo testo mi ha fatto capire perché.
Il tema della
pornografia in sé non rientra nelle questioni che tratto o che mi interessano.
Avendo a che fare con coppie, non nego che sia un argomento che salta fuori
nelle condivisioni a margine di ritiri, conferenze, lezioni. Ma – sarà forse
per gli argomenti che tratto – solitamente i temi sui quali vengo interpellato
sono diversi. Ciononostante, la maniera con la quale l’autore affronta il tema
lo rende significativo virtualmente per chiunque. Egli, infatti, non si limita
a toccare il tema della pornografia intesa come abuso di materiale – cartaceo o
video – erotico, ma affronta la mentalità pornografica nella relazionalità all’altro.
La pornografia
nella sua essenza è fraintendere l’amore. «L’uomo non è fatto per amare. È fatto
per morire d’amore. Questa vocazione è talmente forte che essa contiene in sé
tutti gli smarrimenti. La pornografia ne è una. Nella sua orgia, la pornografia
mima il desiderio, iscritto nel cuore dell’uomo, per donarsi senza riserva.
Essa non è il contrario dell’amore, ma ne è la scimmia, la caricatura». Per
guarire da questa piaga, l’autore suggerisce che non si tratta di inculcare una
morale (nota e ignorata), ma di manifestare la verità dell’amore.
Lungi dall’invitare
a “frigidare” l’amore, l’autore sottolinea che «il contrario della pornografia,
non è l’ascesi fisica né il discorso che raffredda: ma il fuoco consumante del
desiderio che rinuncia, per amore, a consumare l’altro».
La mentalità
pornografica pensa di raggiungere quanto le basta del piacere accumulando,
consumando. In realtà «essa si abolisce nella propria sufficienza. Una vita non
ha consistenza se non quando si dona, il che vuol dire, paradossalmente, quando
muore a se stessa per attingere un sé più grande».
Tra le varie
immagini interessanti che l’autore evoca dalla Scrittura e dall’esperienza
cristiana, colpisce il rimedio dell’eucaristia. Il gesto più comune del
consumare – quindi del gesto di consumare un’altra cosa perché la si ama –
diventa con l’eucaristia un gesto relazionale. «Dio, permettendoci di
mangiarlo, ci tocca là dove siamo feriti [l’allusione è chiara a Genesi 3].
Donando se stesso da mangiare, Dio viene a convertire in relazione ciò che,
senza questo, non sarebbe altro che appropriazione, assimilazione, divorazione».
L’amore eucaristico
è cura degli occhi, attraverso il digiuno dei sensi nel riconoscere in un piccolo
pezzo di pane l’abbassamento dell’Altissimo che viene alla nostra soglia, la
soglia della sua creatura che rispetta assolutamente come “altro” insegnandoci
l’essenza dell’amore. Amare è stare alla soglia dell’altro come corpo donato
per amore.
Robert Cheaib
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