Lavoro, scuola, rientri, servizi
e commissioni, pranzo e cena da preparare, palestra, piscina, musica, compiti e… la
giornata è finita! Più o meno tutti, ogni giorno, appena svegli cominciamo ad
organizzare la giornata, cercando di incastrare tutti i tasselli, ed alle volte
occorre essere più bravi di uno dei migliori giocatori del cubo di Rubik!
Non è raro sentir dire a qualcuno
che incontri mentre fai lo spesa o stai andando a prendere tuo figlio da scuola
“Non mi sono fermato un attimo!”,
oppure qualcuno che ti chiama al cellulare e nel frattempo sta facendo altre
dieci cose e non segue quel che stai dicendo.
In tutto questo nasce più che
spontanea la domanda “Ma quando ho il
tempo di pregare?” e soprattutto "Come
faccio a vivere la preghiera con tranquillità?”.
Quand’ero piccola, ricordo che il
mio papà ci accompagnava a letto e, dopo la storia della sera, recitavamo
insieme il Padre Nostro e l’Ave Maria. Diventata più grande ho continuato da
sola e se qualche sera dimenticavo di recitarle, mi svegliavo nel cuore della
notte, ricordandomi che c’era qualcosa che non avevo fatto. Senso del dovere?
Abitudine? Senso di colpa? Non tanto, quanto piuttosto mancanza. Mi sentivo
incompleta, come se non avessi potuto concludere la mia giornata senza aver
ringraziato.
Sì, perché quella giornata
frenetica è stata comunque un dono e se l’abbiamo vissuta, nonostante la
stanchezza, vuol dire che Qualcuno ce l’ha donata ed anche solo per questo
andrebbe ringraziato.
Nel corso del tempo si
attraversano varie fasi, legate a quel che ci succede, accadimenti belli e
situazioni più complicate ed il nostro modo di agire, di decidere del nostro
tempo e quindi anche di pregare cambia, e non di poco. Il primo modo di pregare
è infatti quello di farlo con la vita. Proviamo a capire realmente cosa
significhi ciò. Se posso pregare con la vita, vuol dire che ogni giorno ho
ventiquattro ore di tempo per farlo e che in questo modo è impossibile addurre
scuse e giustificazioni. Prego se appena sveglio ho tutte le buone intenzioni
di affrontare una nuova giornata, se preparare una colazione per il marito, la
moglie, i figli o un amico diventa servizio fatto con il cuore, se quando
lavoro lo faccio con tutto me stesso e con impegno, se nonostante le tentazioni
quotidiane non vedo l’ora di ritornare a casa per ritrovare le persone a me
care. Prego se mi prendo le mie responsabilità, se non mi aspetto che siano
sempre gli altri a fare le cose per me, se do l’esempio. Insomma, ogni nostro
gesto diventa preghiera. Ma dobbiamo ammettere che non è sempre così facile.
“Ricordate
che non siete mai soli; Cristo è con voi lungo il cammino quotidiano della
vostra vita! Vi ha chiamato e vi ha scelto per vivere nella libertà dei figli
di Dio. Rivolgetevi a Lui nella preghiera e nell’amore. Chiedetegli di
infondervi il coraggio e la forza di vivere sempre questa libertà. Camminate
con Lui che è la via, la verità e la vita!”
Illuminate e benedette le parole
di Giovanni Paolo II. Dimentichiamo di non essere soli, di essere stati creati
liberi e di avere davanti a noi tante strade ma un’unica grande Via, che può
essere percorsa “in verità”.
A questo punto potremmo
domandarci: “Ma se tutta la nostra vita è
una preghiera, allora perché fermarci a pregare?”. È una domanda lecita, ma
basta fermarsi a riflettere per avere subito chiara la risposta. Se io amo ho
bisogno di dirlo, posso dimostrarlo in mille modi ma mi viene naturale dirlo. Lo
dico a mio marito, a mia moglie, ai miei figli. Non posso non dirlo, perché quell’amore
scalcia così forte nel mio cuore che ha bisogno di tramutarsi in gesti e
parole.
La preghiera è un dialogo con
Colui che ci conosce e ci ama prima di tutto e di tutti, Colui che ci attende e
che nel frattempo ci dona questa vita. E quanto più creo confidenza tra me e
Lui, tanto più ho bisogno di parlargli, di fargli domande e di ringraziarlo. E
del rapporto filiale con Maria? Puoi non volere che tua madre ti abbracci e ti
coccoli? L’amore di una mamma ti dona sicurezza, tranquillità e dolcezza e con
questo spirito, rivolgendosi alla Madonna, hai la sensazione di essere avvolto
di affetto.
“Non
si può pregare come i pappagalli: o entri nel mistero, consapevole che Dio è
tuo padre, o non preghi”. (Papa Francesco)
Non è il numero di parole a fare
la differenza, ma la fonte del nostro dialogo, l’amore nella nostra
comunicazione con Dio. Le parole non ingraziano Dio ma solo gli uomini. Lui, da
Padre, ci misura solo e soltanto sull’Amore. E più ami e più hai bisogno di
manifestarlo e dirlo, con la vita e con le parole. E più lo dici e più il tuo
cuore ha bisogno di amare e di essere amato. La preghiera? Una straordinaria dichiarazione
d’Amore. Quello vero!
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