I bambini hanno tanto da
insegnarci in merito. Per ogni cosa che fanno o che si rifiutano di fare c’è
sempre la fatidica domanda: “Perché?”. È una fase parecchio impegnativa per i
genitori, ma è una delle più belle. Chiedere il perché rispetto a qualcosa vuol
dire tenerci, interessarsi, voler conoscere e capire fino in fondo. Man mano
che si cresce i perché diminuiscono e di solito, soprattutto nei rapporti di
coppia, diventano un modo per rimbalzarsi accuse, colpe e mancanze.
“Perché
non mi capisci?”, “Perché devo spiegarti sempre tutto?”, “Se mi comporto così è
perché tu hai fatto questo!”, “Perché non mi chiedi mai cosa penso e come sto?” e l’elenco potrebbe andare avanti ancora per un
bel po’.
Il “perché” che vogliamo
chiederci oggi, però, ha un sapore diverso, oserei dire complice. La
settimana scorsa ci siamo lasciati con un primo interrogativo, quello di
decidere se iniziare la nostra passeggiata di preghiera con il nostro partner,
un momento tutto nostro. Gli interrogativi della riflessione ci permettevano di
indagare e capire se davvero volevamo fare una simile esperienza, iniziare
questa avventura. Questa volta facciamo un passo in più, chiediamoci il motivo,
il perché della nostra scelta, sia se ha avuto una risposta affermativa che
negativa. Chiedercelo significa dare un senso profondo alle azioni che compiamo
e a prenderne consapevolezza, ad abbandonare l’istinto e l’istante e ad
imparare a capire il nostro cuore, il nostro io, aprendoci alla vera conoscenza
dell’altro.
“Qualunque
cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini”
(Colossesi 3,23)
Partiamo proprio da questo
interrogativo: “Il senso delle mie scelte è legato esclusivamente all’altro oppure
sono io il primo che crede in esse?”.
È proprio una bella domanda ed
anche complicatissima nella risposta. Di fronte ad una scelta ognuno di noi si
comporta in maniera differente: c’è chi prende immediatamente la decisione, chi
invece temporeggia per riflettere, chi aspetta che sia l’altro a muoversi per
primo, chi, per accontentare, compie scelte che non sente sue; chi lo fa per
seguire la massa, chi per non sentirsi additato come il diverso. Ebbene, se già
il senso della decisione assume infinite sfumature se analizziamo il singolo,
figurarsi per la coppia! Un vero e proprio groviglio! Ma, con molta pazienza,
quasi sempre se ne viene a capo.
Ad aumentare il livello di
difficoltà anche il genere della domanda che ci siamo posti: “Preghiamo
insieme?”. Dobbiamo ammetterlo, non è una domanda usuale o almeno non
lo è nella maggior parte dei casi, e se davanti ci siamo ritrovati un partner
leggermente o parecchio disorientato non dobbiamo stupirci. Ma adesso dobbiamo
essere entrambi a chiederci perché vogliamo pregare insieme in questa passeggiata
estiva. Per rilassarci? Per avere un
giusto pretesto per trascorrere del tempo insieme? Perché non potevo dire di
no, altrimenti avrei suscitato l’ira nell’altro? L’abbiamo voluto entrambi?
Perché voglio sperimentare qualcosa di diverso? E via così, fino a quando
non colgo il senso profondo del percorso che io e che noi abbiamo intrapreso.
Intraprendere la Via senza la Verità che senso avrebbe? Nessuno! Se penso che
le mie azioni sono buone solo perché accontentano l’altro sto compiendo un piccolo
grande errore: accontentare non vuol dire far felice.
Questa riflessione deve portare
la coppia a riflettere sulla grande scelta che si è compiuta quando si è deciso
di stare insieme e ritrovarne il senso profondo. Il Matrimonio è un cammino in
due e si fa preghiera ogni volta che ringraziamo, che dialoghiamo, che ci
doniamo. Oggi, a distanza di tempo, è bello parlare di questa scelta per
eccellenza, raccontarsi, rinnovarsi le domande e gli interrogativi. Spesso il
silenzio e le urla prendono il monopolio del nostro rapporto a discapito del
dialogo e delle domande? Perché non ci facciamo più domande? E perché nella
preghiera, il più delle volte, domandiamo soltanto?
Nella Genesi Dio si è rivolto
all’uomo proprio con una domanda: «Dove sei?». Sapeva benissimo dov’era e dove
si era nascosto dopo aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza, ma
lo interroga, vuole che l’uomo risponda. Anche oggi ci chiede di continuo «Dove
sei?». Ebbene, dove siamo? E perché siamo qui?
“Un
uomo non impara a comprendere nessuna cosa a meno che non la ami”.
(Goethe)
(Goethe)
Qui di seguito trovate il file
del secondo appuntamento della passeggiata di preghiera. Clicca sull'immagine per scaricare.
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