In che modo
parlare di Dio come amore in una realtĆ marcata dalla povertĆ e dall’oppressione?
E come annunciare il Dio della vita all’ombra della morte, soprattutto se
questa ĆØ prematura e ingiusta? Sono queste le domande scottanti con cui Gustav
GutiƩrrez si approccia al libro di Giobbe cercando di dare una risposta fondata
biblicamente e teologicamente al dilemma del male.
Nel volume Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell’innocente. Una riflessione sul libro diGiobbe, il teologo peruviano manifesta che nel nostro Occidente manca una
teologia del male-disgrazia, del dolore innocente. Se ci basiamo sulla
distinzione evidenziata da GeschĆ© – tra la tradizione paolina (e agostiniana)
che parla del male-colpa e la tradizione lucana che parla del male-disgrazia –
la teologia ha un urgente bisogno di riflettere su questo secondo volto del
male. Il motivo avvincente scelto dall’a. ĆØ proprio il classico libro biblico quando
si tocca il discorso del dolore e del male: il libro di Giobbe.
Il personaggio centrale
del libro, Giobbe, ĆØ stato presentato, fin dai Padri della Chiesa, come una
delle grandi figure di Cristo nell’AT, ma ĆØ anche un paradigma in cui puĆ² rispecchiarsi
ogni sofferente. Ć, per cosƬ dire, un punto di raccordo tra il Crocifisso e i
crocifissi.
Se la fede ĆØ «la
ragione della perplessitĆ », Giobbe ci presenta in ben 42 libri che mostrano la
fatica del concetto, e la maggior fatica della vita, dinanzi al mistero della
sofferenza.
La tematica di
Giobbe ĆØ complessa e intricata: la trascendenza di Dio, il problema del male,
la sofferenza umana, la questione della retribuzione, l’amicizia, e tutto viene
sviluppato in dialoghi estesi che manifestano le varie teologie del tempo sul
problema della sofferenza. Forse la grande scommessa del libro ĆØ quella se l’uomo
ĆØ capace di «credere senza nulla, senza paga». Questa scommessa ĆØ esattamente
il contrario di «una fede basata sulla dottrina della retribuzione».
Il libro di
Giobbe non ĆØ solo sulla sofferenza. In filigrana si intravvede che dietro la
costruzione letteraria c’ĆØ qualcuno che «ha sofferto, nella carne e nello spirito».
Ć dal grembo di quel dolore che nasce quel «campione della gratuitĆ dell’amore
di Dio».
E proprio perchƩ
ha vissuto il dolore, «l’autore non cerca una spiegazione ultima e razionale
per il dolore umano. […] Sa che la sofferenza innocente ĆØ la situazione piĆ¹
inumana che si possa presentare – le sue vivide descrizioni ne rendono
testimonianza – per questo l’affronta, per chiedersi se in quella prospettiva
sia possibile riconoscere Dio che, con la sua libertĆ e gratuitĆ , dĆ pienezza
al nostro essere uomini».
GutiƩrrez
sostiene che il libro di Giobbe non avanzi una risposta, ma una scommessa, simile
a quella di Pascal, pur nella divergenza.
Nella scommessa
di Pascal, ci rivolgiamo a un essere umano orgoglioso per mostrargli i limiti
della sua ragione e la necessitĆ di Dio. Nella scommessa di Giobbe ci
rivolgiamo «all’innocente, affranto dal dolore ingiusto, che Dio lo ama e che
la sua legittima richiesta di giustizia per sƩ e per altri raggiunge la sua
pienezza ed urgenza nell’universo della gratuitĆ ».
Il libro di Giobbe
offre una risposta esistenziale cosciente della propria incompiutezza. Il
mistero di Dio non si esaurisce nella storia. Ora vediamo in uno specchio (cf.
1Cor 13,12) e le pagine di Giobbe sono coscienti di questa prospettiva
incompiuta. Per questo guardano con una speranza che non riescono a spiegare. Non
ĆØ forse ciĆ² che si ode in questo grido di disperazione e di speranza allo
stesso tempo?
«Io so che il mio
redentore ĆØ vivo
e che, ultimo, si
ergerĆ sulla polvere!
Dopo che questa
mia pelle sarĆ strappata via,
senza la mia
carne, vedrĆ² Dio.
Io lo vedrĆ², io
stesso,
i miei occhi lo
contempleranno e non un altro.
Languisco dentro
di me» (Gb 19,25-27).
Robert Cheaib
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