Commentando il vangelo dei dieci lebbrosi, San John Henry Newman spiega che la lebbra ai tempi di Gesù aveva aspetti paragonabili a quelli del peccato in ogni tempo. Tra questi, egli elenca quattro: la lebbra deformava la persona e rendeva il suo aspetto disgustoso; era duratura e non una cosa passeggera come la febbre; non era curabile; comportava l'esclusione sociale e i lebbrosi erano trattati come bestie... Così sono gli effetti del peccato. Solo che Gesù ci ha guariti dai nostri peccati e ci ha restituito la bellezza originaria portando su di sé il nostro peccato. Ci ha introdotti di nuovo nella comunione dei santi riportandoci a sua immagine e somiglianza. Come ci comporeteremo? Come i nove che non tornano a ringraziare per tutto l'amore profuso? Lui che non si è disgustato del nostro aspetto rovinato dal peccato, ma si è dato a noi con l'incarnazione e l'Eucaristia e ci ha riportati all'immagine sua, come possiamo vivere senza rendergli grazie. «Come riusciamo a non amare Cristo?». Forse è questa la lebbra da cui dobbiamo pregare di essere guariti: l'ingratitudine e il non amare l'Amore.
#pregolaParola
(Lc 17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».
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