«Non si può
vivere, non si può essere giusti senza la profezia», scrive Luigino Bruni all’inizio
del suo libro L’alba della mezzanotte. Il grido inascoltato del profeta Geremia, parole che ci ricordano quanto dice la Scrittura: «Il Signore non
fa cosa alcuna, senza aver rivelato il suo consiglio ai suoi amici, i profeti»
(Amos 3, 7).
Questi, possono
essere profeti viventi nel nostro tempo, ma non dobbiamo dimenticarci che sono
i profeti, quelli che “canonicamente” hanno meritato questo nome. Tra questi,
spicca, già dai tempi antichi (conosciamo ad esempio la predilezione di Origene
per lui) la figura di Geremia. «Geremia – scrive giustamente Bruni – è un incontro
che può cambiare la vita», perché Geremia è un profeta che porta un’acuta
dimensione di assoluto.
E Geremia non fa
molti preludi! Già agli inizi del suo libro siamo confrontati e interrogati
dalla sua chiamata che ci rimanda alla nostra. «Geremia è un magistero su ogni
autentica vocazione umana. Una voce che chiama a un destino ineluttabile al
quale liberamente si risponde, sapendo che non esiste altra risposta possibile.
È una libertà ed è un destino». Geremia ci ricorda quel paradosso insito in
ogni vocazione dove la massima libertà si intreccia con la massima obbedienza,
dove identità e donazione all’altro si raccordano.
L’a. attraversa
il libro di Geremia con una vena poetica, analitica ed evocativa mostrando l’inattualità
perenne dei profeti – sono personaggi sempre scomodi – e la loro perenne attualità
– Geremia parla al nostro tempo con la forza che parlava al suo. Geremia era
inascoltato ieri. Anzi, per evocare un’immagine Zarathustriana di Nietzsche,
era tradito e rifiutato anche quando gli sorridevano perché anche «nel riso c’era
gelo». E forse ancora oggi, i momenti della sua profezia, le istanze che criticano
le nostre attualità ci mettono a disagio. Ma forse il confronto con questi
profeti, con letture attualizzanti come quella che l’a. presenta, ci fanno
cogliere il vero significato della Bibbia, la quale è – come ben si esprime
Bruni – «molto più di un libro sacro di una religione, anche perché ha accolto
e custodito nel suo seno i libri dei profeti che, insieme a Giobbe e Qohelet,
le hanno impedito di diventare un oggetto idolatrico. I profeti, allora,
svuotando il mondo religioso dagli idoli, cercano di liberarci il paesaggio dai
nostri manufatti religiosi per crearci un ambiente nel quale, forse, possiamo
ascoltare solo una nuda voce. Sono i grandi liberatori dagli dèi che riempiono
la terra e le nostre anime».
Robert Cheaib
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