Cosa siamo nel tempo libero? Il
nostro mandato lo lasciamo insieme alla scarpe ai piedi del divano? Lo
appendiamo all’attaccapanni all’ingresso della palestra? In queste riflessioni
sulla nostra missione, emergono tanti interrogativi: più guardiamo a fondo le
nostre giornate e più scopriamo quanto numerose sono le occasioni di mettere in
pausa la nostra missione, una sensazione di (finta) libertà. Ma allora c’è un
problema che riguarda proprio il senso della missione di ognuno. Non è stare
dietro le sbarre, non un peso caricato sulle spalle ma semplicemente e
sorprendentemente un Dono, un tempo nel quale dare il nostro massimo. La vita è
un tempo che non ci è dato conoscere ma del quale spesso dimentichiamo i
particolari, un tempo nel quale rimandiamo “a dopo”.
E se la vita fosse una partita di
calcio? Novanta minuti più il recupero, ci comporteremmo allo stesso modo? E
così ho chiesto ad Antonio Coletta e Roberto Satalino, due ragazzi che hanno fatto del calcio la
loro passione, di descrivermi una partita come se fosse una missione, per
chiarire quei passaggi della nostra vita che forse, essendo troppo diluiti nel
tempo, sfuggono alla nostra attenzione.
«L’allenamento è fondamentale. Senza allenamento non potremmo scendere
in campo, non ci sarebbe un disegno di gioco, le azioni non avrebbero un senso
compiuto» afferma Antonio. Queste parole fanno tanto riflettere, perché è
innegabile che molto spesso nella vita improvvisiamo anche nelle cose molto
importanti, come ad esempio negli affetti e nel rapporto con gli altri. L’allenamento
è fatica, è mettersi alla prova, è “mettersi sotto sforzo”, è creare quel
disegno che rende più chiara a noi stessi la nostra missione.
«La cosa più bella di quando sei in campo è la creatività. Il ruolo
dell’allenatore è fondamentale, ti prepara a giocare, ma poi sei tu in campo
che crei il gioco. E l’obiettivo non è sempre vincere ma anche e soprattutto
migliorarti» continua Roberto. Sono affermazioni che colpiscono dritto il
bersaglio. Ogni volta che pensiamo al nostro Creatore come colui che impone e dispone,
dimentichiamo l’immenso regalo del libero arbitrio: Dio non è un burattinaio
pronto a tirare i fili di una messa in scena! No! È un Allenatore che indica e
consiglia ma poi in campo gli atleti siamo noi, siamo noi a giocarla questa
vita.
E poi la creatività, quella
bellezza originale presente in ognuno di noi, che esprime la nostra unicità e
che trova ampio spazio nel nostro tempo libero, nello sport e negli hobby, a
dire che la nostra missione ha così tante sfaccettature, così tante possibilità
di essere espressa e vissuta che non abbiamo scuse.
Ma la nostra missione può
migliorarci anche se spesso non segniamo gol, ma colpiamo solo pali? «Certo, forse sembrerà strano, ma in fondo è
così. Non sempre, anche se giochi bene, vinci. Ma se a fine partita senti di
essere migliore di prima, la tua missione ha un senso» risponde Roberto. E
come dargli torto? Alla fine di ogni giorno dovremmo sentirci migliori, un
passo in più ed invece il più delle volte ci piomba addosso l’insoddisfazione.
Ed infine un’ultima riflessione: «La partita si gioca anche nello spogliatoio, è quella
condivisione che a volte esprime il senso del gioco» riflette Antonio. Come
a dire che quando non riusciamo più a comprendere il significato della nostra
vita, ne smarriamo il senso, dobbiamo e possiamo ritrovarlo “spogliandoci”,
mettendoci a nudo. Per noi il confessionale è il miglior spogliatoio possibile,
dove riscoprire il gioco migliore.
“Ascoltiamo la voce della nostra coscienza, la voce del real
profeta: “Oggi se udirete la voce del Signore, non vogliate otturare il vostro
orecchio”.
Sorgiamo e tesoreggiamo, ché solo l’istante che fugge è in nostro dominio. Non frapponiamo tempo fra istante ed istante, ché questo non è in nostro possesso.”
Sorgiamo e tesoreggiamo, ché solo l’istante che fugge è in nostro dominio. Non frapponiamo tempo fra istante ed istante, ché questo non è in nostro possesso.”
(Padre Pio)
Maria Marzolla
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