di Tommaso Lodi e Giulia Cavicchi
Ho letto su Avvenire che in questi giorni
si sta svolgendo vicino a Roma un bellissimo evento organizzato dall’Azione
Cattolica dal titolo "A cuore scalzo" in cui oltre duecento giovani
potranno confrontarsi con alcuni esperti chiamati a rispondere alle loro
domande in materia di affettività e sessualità.
Conoscendo alcuni dei relatori, possiamo
dire con certezza che sarà una preziosa possibilità di dialogo e crescita. Ecco
qui alcune delle domande poste dai giovani:
Perché noi giovani credenti siamo costretti a scegliere
tra l’essere casti o l’essere superficiali?
Per avere un rapporto matrimoniale è necessario dover
aspettare e perché?
Come gestire gli eventuali sensi di colpa legati alle
nostre pulsioni?
Si tratta certamente di domande che
nascondo una sete di verità e di senso, questioni su cui anche io ricordo di
essermi ‘scontrato’ molte volte durante i miei vent’anni. Allora mi sono
chiesto: cosa può dire la teologia del
corpo a questi giovani cuori assetati? Cosa la teologia del corpo ha detto
a me su questi punti?
Leggendo le domande, subito mi è venuto in
mente il dialogo di Gesù con i farisei sul divorzio (Mt.19 1-9), in cui i questi
ultimi chiedono a Gesù se sia lecito ripudiare la propria moglie, ovvero
divorziare per un motivo qualsiasi. Probabilmente vi chiederete cosa c’entra il
tema del divorzio con gli interrogativi dei giovani di AC che desiderano amare
nella verità.
Forse nulla, ma a giudicare dalla risposta
che Cristo dà ai farisei, penso che si possa trovare molto più di una
connessione. Infatti, benché la domanda dei farisei appaia molto specifica e si
collochi su un piano legale, Gesù non risponde rimanendo su un piano normativo
(si può fare o non si può fare) ma cambia livello e va alla radice profonda
della domanda, sviluppandola in ampiezza e profondità.
Se c’è un divorzio infatti, significa che
siamo di fronte ad un amore ferito, ad una relazione che sanguina, per cui
benché i farisei chiedano precisamente: «È
lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?» Gesù comprende
che la vera domanda è un’altra: Che cos’è
l’amore? Cosa significa amare?
Non è forse questo l’interrogativo
fondamentale che possiamo individuare anche alla radice delle domande poste dai
giovani di AC?
Non è forse questo l’interrogativo
fondamentale che possiamo individuare anche alla radice di tante nostre
quotidiane domande sul senso della vita, sull’amore, sul maschile e sul
femminile?
Ecco allora che la risposta che Cristo dà
ai farisei acquista un peso specifico enorme anche per noi: «Non avete letto che il Creatore da
principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così
che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto,
l'uomo non lo separi».
È come se Gesù ci stesse dicendo che se
vogliamo veramente comprendere il mistero profondo dell’amore, è necessario
tornare al Principio, al progetto che Dio aveva quando ha creato l’essere umano
come maschio e femmina e infatti cita entrambi i racconti della creazione di
Genesi.
L’amore, d’altra parte, è un fenomeno tipicamente
umano, pertanto per penetrarne il mistero occorre scoprire chi sono veramente
l’uomo e la donna. Il problema allora non è quale regola devo seguire, né quale
beneficio ho nel seguirla, il problema vero è “chi sono io?” “Qual à la mia
verità?”.
Così San Giovanni Paolo II inizia a delineare
la sua teologia del corpo, per condurci a scoprire come il nostro corpo sia
chiamato a rivelare e a partecipare della bellezza di Dio, e questo non
‘nonostante’ la sessualità, bensì proprio attraverso di essa.
Credo quindi che un primo elemento chiave che
la teologia del corpo può offrire a questi cuori assetati sia questo: il come
devo vivere deriva dal chi io sono!
Se però uno prosegue con la narrazione di
Matteo 19 si accorge immediatamente di come il messaggio di Cristo noi sia poi
così immediato, infatti i farisei gli obiettano: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla
via?»
Allora Gesù va al nocciolo del problema: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha
permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così».
Queste parole ci rivelano che il “chi io
sono” deve però fare i conti con un cuore che si è come atrofizzato.
Cristo si riferisce agli effetti del
peccato originale che nella storia ci rendono inclini al male, ci rendono
preoccupati per noi stessi, incapaci di fare della nostra vita un dono
autentico. Piaccia o non piaccia, c’è qualcosa di rotto in ciascuno di noi,
siamo portatori di una ferita.
Ma Gesù non parla di questa ferita (durezza
di cuore) per demolirci, bensì per fare verità: in principio non fu così, il
cuore indurito non è la nostra verità!
Noi oggi diamo ormai per scontato che
l’amore possa finire, che si possa provare, che avvengano divisioni,
tradimenti, incomprensioni e quant’altro... Noi pensiamo ormai sia lecito
sperimentare un po’ tutto in campo affettivo... Ma Gesù richiama la nostra
verità: in principio non fu così!
Cristo grida al nostro cuore di non
lasciarci condizionare dai nostri fallimenti, dai nostri errori, dai nostri
ragionamenti inquinati dal peccato, non sono quelli la nostra verità.
Cristo nel suo corpo di uomo, ha preso su
di sé tutta l’umana debolezza per unirci a sé e restituirci una vita di
libertà, una vita capace di farsi dono. Tutto questo è avvenuto nel nostro
battesimo, ma tante volte ne siamo ignari, nessuno ci ha mai dischiuso le porte
del mistero di cui siamo divenuti partecipi.
Noi tante volte facciamo corsi, accumuliamo
nozioni su come vivere cristianamente la sessualità, ma spesso scordiamo che
non basta aver capito cosa è giusto fare per amare nella verità. Per entrare
nell’amore occorre aprirsi alla redenzione che Cristo ci ha portato e lasciare
che sia lui a guarire il nostro cuore incartato.
Ecco allora un secondo elemento chiave che
la teologia del corpo può offrire a questi cuori assetati: il chi io sono lo
posso scoprire solo nell’amore di Cristo. Solo Cristo infatti ci conosce
veramente, lui ha redento l’uomo intero, corpo e sessualità inclusi. Lui ci ha
già redento, ma aprire il nostro cuore alla sua guarigione è un cammino
quotidiano, nella concretezza della vita.
Se vuoi approfondire di quale cammino si
tratta e se hai voglia di andare un po’ più a fondo nella teologia del corpo ti
invitiamo a partecipare al corso QUESTO È
IL MIO CORPO a Macerata (MC) dall’1 al 5 gennaio 2020.
Sarà un entusiasmante viaggio alla scoperta
del vero significato del corpo e della sessualità umana secondo il disegno di
Dio, un viaggio aperto a tutti dai 20 anni in su.
Scopri di più su: http://www.misterogrande.org/tob/corso-tob/
Robert Cheaib
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