Sono felice di condividere con voi la mia prefazione a una bellissima testimonianza di straordinarietà nell'ordinarietà, di desiderio di essere santi nel mondo. Senza indugio, vi lascio con la presentazione del libro di Giuseppe Mariani, fratello del carissimo amico, Stefano Mariani, Sono una mamma felice di undici figli. Una storia vera, Tau Editrice 2019.
«Sono una mamma
felice di undici figli, che con tanti sacrifici, con tanto amore e soprattutto
con tanta serenità è riuscita a crescere questi figli che il Signore mi ha
donato». Sembrano parole costituzionali quelli scritti da Nella Zulian Mariani,
madre del caro amico Stefano e dell’autore, Giuseppe. E lo sono di fatto. Si
dice nella nostra costituzione che la «l’Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro». Ma qual è il primo lavoro che non “fabbrica”, ma “crea” la
cittadinanza se non la paternità e la maternità?
Per questo,
quando l’amico Stefano mi ha chiesto di scrivere quest’Introduzione, gli ho
risposto –nonostante una specie di “voto” di non scrivere più prefazioni per
almeno un paio di anni –: «A te non posso dire di no».
Io non ho
conosciuto Nella, ma ho conosciuto alcuni dei suoi figli, soprattutto Stefano
che ho avuto l’onore di incontrare come studente in un corso di teologia quando
insegnavo alla Pontificia Università della Santa Croce, ma con il quale il
rapporto è andato oltre il rapporto docente-studente per diventare una preziosa
amicizia sulle vie del Signore. E per questo potrei a buon ragione dire: «Ho
conosciuto Nella».
Il testo che
avevo citato di Nella continua così: «Nella semplicità e con l’aiuto del
Signore, io e mio marito abbiamo dato loro quello che i nostri genitori ci
hanno insegnato, l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo. Ebbene, questi
figli sono diventati grandi in mezzo a tante gioie e non sono mancate certo le
“prove”, che sicuramente l’hanno rafforzati per affrontare le vicende della
vita. Si sono sposati, sono arrivati i loro figli e con loro, siamo arrivati ad
un numero di persone così grande da non poter ospitare tutti nelle nostre case».
Ecco! Quello
che dice Nella, io l’ho visto. Ho visto le sue “opere”. Ho visto ciò che
ha cresciuto e trasmesso «nella semplicità». Ho visto l’autentica gioia
cristiana e il desiderio di annunciare l’Amore di Cristo, gustato in primo
luogo nell’amore cristiforme della madre. E, in questo senso, ho visto lei.
Nella non ha
fiorito da sola. La sua fioritura mette radici nella sua famiglia d’origine,
nella custodia d’amore del suo sposo e nella «casa di Dio», la Chiesa, che ha
incontrato in modo particolare attraverso il carisma agostianiano.
Di questi
influssi benefici, mi piace menzionare in modo particolare quello di suo sposo,
Arturo. E lo dirò con un estratto della narrazione del figlio Giuseppe: «Papà
Arturo […] è stato soprattutto un regista umile, che sapeva come sistemare con
autorevolezza la scena più importante della sua vita: la famiglia. In realtà è
molto difficile raccontarlo perché con sensibilità silenziosa entrava in ogni
pertugio della vita di mamma e di ognuno di noi con la maestria e la precisione
dell’artista del mosaico, e lui era un artista vero in questo campo, si
racconta che fosse il migliore di Roma».
Un altro passo che mi ha colpito è questo: «Qualche tempo
fa, scrivevo queste parole, mentre pensavo ai miei risvegli e a quei profumi
provenienti dal giardino, sicuramente favoriti dalle finestre che mamma apriva
prestissimo senza calcolare né stagioni e né temperature e con solita
sollecitazione piena di energia: “daje! da mo’ che si è fatto giorno! Salutato
Gesù Cristo e buongiorno per tutto il giorno!”». Il passo ci dice chiaramente
che quanto rimane ai nostri figli della nostra educazione alla fede non è tanto
la predica ben studiata, quanto la spontaneità della testimonianza dell’amore
viscerale a Gesù Cristo.
Questa deliziosa
descrizione di Giuseppe di Arturo, mi ha portato alla mente le parole di papa
Francesco, il quale afferma che «l’amore è artigianale». Parlando della
missione degli sposi, il papa afferma: «La missione forse più grande di un uomo e una donna nell’amore è questa:
rendersi a vicenda più uomo e più donna. Far crescere è aiutare l’altro a
modellarsi nella sua propria identità».
Nella è madre felice di undici figli perché era sposa
felice. E quanto è importante la convergenza tra queste due vocazioni: la
nuzialità e la genitorialità! Leggendo queste pagine ti accorgerai, caro
lettore, di quanta attenzione Nella ha messo nel coniugare queste due vocazioni
convergenti.
Questo libro su Nella è un omaggio dei figli grati. Ma è
anche molto di più. È un messaggio di speranza. È un faro acceso su una
vocazione sempre più marginalizzata nella nostra società della produzione. Per
produrre, mettiamo in ombra la grande vocazione della «co-creazione», la quale
non si limita alla procreazione, ma si estende all’educazione, quel compito
oneroso e onorevole che ci fa collaboratori di Dio. Anche qui mi piace
anticiparti un passo del libro. Scrive Giuseppe: «La famiglia e l’atto di educare, è come
seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina, è
certo, non ci sarà raccolto. Educare è una grazia del Signore, riteneva, che va
accolta con gratitudine e senso di responsabilità. La sua vita e la sua fede
profonda, l’aveva preparata a lavorare con la pazienza ed anche condiscendenza;
altre volte con la fermezza e con determinazione, ma era sempre una scoperta
formidabile, perché riusciva a produrre quel completamento personale e
cristiano di amore che le dava una inesprimibile intensità gioiosa e
spirituale. Ma, era per lei imprescindibile, rispettare i tempi e le modalità
di ciascuno».
Sottolineo:
«Educare è una grazia del Signore». Questa convinzione di Nella, madre felice
di undici figli, ci deve accompagnare nella lettura di queste pagine perché la
felicità di Nella non viene solo dalla sua bravura o dalla sua fortuna, ma
dalla coscienza che la sua vita, la sua sponsalità, la sua maternità erano una
vocazione, e Colui che ha chiamato è fedele e porta a compimento la sua
chiamata con il sostengo della sua grazia.
Con questa
testimonianza, Nella ci lascia un testamento della grazia e – cito per l’ultima
volta Giuseppe – «Nella ci ha lasciato la dignità dell’umiltà».
Robert Cheaib
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