«Abbiamo frainteso
Dio». È questa la convinzione che accompagna il libro di Francesco Cosentino, Non è quel che credi. Liberarsi dalle false immagini di Dio edito da EDB. Questo
fraintendimento è alla base dell’odierna crisi spirituale. Il libro si presenta
come tentativo per aiutare le persone a percorrere una via di risanamento dalle
immagini negative di Dio con la convinzione che il rifiuto della fede «trae il
suo migliore alimento da una rappresentazione sbagliata di Dio». In
fondo, il cammino della fede è da sempre «liberazione dalle nostre idolatrie
per arrenderci, finalmente, al Dio vivo e vero che Gesù Cristo ci ha
manifestato».
Dio è oltre
La riflessione di
Cosentino parte da un’affermazione dell’apofatismo, ovvero dell’eccedenza di
Dio rispetto a ogni nostro concetto. L’autore cita i Padri – come Ilario di
Poitiers – che sottolineano la superiorità di Dio rispetto a ogni nostro
concetto: «Al momento di nominare Dio […] le nostre affermazioni risultano
difettose nelle parole e il linguaggio che si impiegherà, qualunque esso sia,
non esprimerà Dio nel suo essere, nella sua grandezza», ma anche teologi
moderni come Karl Rahner il quale ci ricorda che la parola «Dio» è l’ultima
parola prima del silenzio che si fa adorazione del mistero.
Oltre l’idolatria
Circoscrivere Dio
nei nostri concetti o nelle nostre immagini è una forma di idolatria e dobbiamo
accogliere l’invito del comandamento - «Non avrai altro Dio» - come invito a
permettere alla Scrittura di evangelizzare le nostre immagini di Dio, giacché,
nella prospettiva biblica, «il più grande peccato non è l’ateismo, ma l’idolatria,
specialmente quando essa significa impossessarsi di Dio, farne un oggetto nelle
proprie mani o un amuleto da gestire attraverso la propria religiosità».
L’idolatria è
rassicurante. Modella Dio secondo la propria immagine e secondo il proprio
comodo. Gli idoli non sono solo di pietra. Come spiega Pierangelo Sequeri, gli
idoli si adeguano ai tempi e quelli del nostro tempo possono essere ad esempio:
il giovanilismo, il totalitarismo della comunicazione, l’ossessione della
crescita e del rendimento, l’irreligione della secolarizzazione, ecc.
L’idolatria è l’opposto
della fede. E Francesco, nella Lumen fidei, ci ricorda l’immagine biblica
del popolo che, mentre Mosè parla con Dio sul Sinai, non sopporta il mistero
del Dio nascosto, non sopporta il tempo d’attesa, e crea un dio – un idolo – a proprio
uso e consumo. In breve, «l’idolo – scrive Cosentino – annulla la distanza con
una fusione che vuole manipolare Dio».
Dio nell’immaginazione
Le verità di Dio
non abitano primariamente l’intelletto, ma l’immaginazione. Le nostre battaglie
spirituali non si svolgono nell’arena dei concetti, ma crogiuolo dell’immaginazione.
Newman ci manifesta come la battaglia della fede si sposta dai concetti alle
visioni interiori, dalle proposizioni alla sensibilità.
Le immagini sono sorgenti
profonde, quelle torbide avvelenano la nostra vita, mentre quelle limpide
possono rigenerarla. Per questo motivo, diventa necessario lavorare sulle
nostre immagini per vedere se sono distorte o rette.
Cosentino presenta
alcune tra le immagini negative su Dio:
- il dio
tappabuchi, ovvero un dio ideale su cui proiettiamo i nostri bisogni e le nostre
responsabilità.
- il dio giudice
che castiga, ovvero il dio guardone che è pronto a farci pagare ogni errore.
- il dio
contabile e legalista, ovvero il controllore ossessivo, il grande fratello che
tiene conto di ogni sbaglio e di ogni violazione della legge.
- il dio del
sacrificio, ovvero il dio che pretende sacrifici ed è assetato di sangue.
- il dio dell’efficienza,
ovvero il dio sottile che ci spinge a eccedere in un’attività di per sé
meritevole, ma che per il suo eccesso ci porta all’autodistruzione e al burn
out.
Immagini benefiche di Dio
A Queste
immagini, Cosentino oppone le immagini bibliche raggruppandole in due
categorie: quelle personali e quelle simboliche.
Tra le immagini
personali, l’a. presenta le seguenti:
- l’immagine del
Dio creatore, il Dio datore della vita e della benedizione.
- l’immagine del
Dio pastore ovvero l’immagine del Signore che «agisce nella mia vita restando
al mio fianco, che cura di me.
- l’immagine di
Dio che è padre e madre allo stesso tempo e quindi è un Dio che mi infonde
sicurezza, vicinanza, fiducia e relazione come un buon padre e, con i suoi
tratti materni, mi custodisce come nel grembo di una madre.
Per quanto
riguarda le altre immagini simboliche, l’a. riferisce quella del roveto
ardente, del tempo di Dio e della sorgente.
L’immagine perfetta di Dio
La presentazione
delle immagini benefiche di Dio non potevano che culminare in Colui che Paolo
chiama «l’immagine perfetta del Padre», Gesù Cristo, il vero volto di Dio.
Cosentino si
domanda: «Dov’è Dio, dunque?» e la sua risposta è quella di Gesù nel vangelo di
Dio: «Chi vede me vede Colui che mi ha mandato» (Gv 12,45). Gesù, con la sua
vita e con la sua parola ci parla di Dio, guarisce la nostra immagine di Dio e
la nostra immaginazione religiosa. Le sue parabole sono strumenti di
risanamento dell’immagine di Dio, di quel Dio che «nessuno l’ha mai visto: il
Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato»
(Gv 1,18).
Robert Cheaib
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