Severo d’Antiochia
(465 circa – 536) è una figura controversa dell’antichità cristiana. Teologo e
patriarica di Antiochia tra il 512 e il 518, fu deposto durante la sua vita perché
tacciato di monofisismo e per la sua posizione anti-calcedonese e fu quindi
condannato dal sinodo di Costantinopoli del 536 e dall’imperatore Giustiniano.
I suoi scritti furono messi al bando e quelli giuntici sono per lo più testi
conservati in siriaco in seguito alla fama e alla venerazione di cui godette
tra il VI e l’VIII secolo. Egli inoltre è venerato attualmente come santo per
la Chiesa siro-ortodossa.
Le sue opere
furono riscoperte e studiate in Occidente a partire dall’inizio del XVIII
secolo, soprattutto grazie al contributo dell’orientalista Youssef Assim’ani.
Il volume 259 dei
testi patristici di Città Nuova presenta una prima traduzione italiana della
cosiddetta omelia 77 di Severo, Omelia sulla risurrezione. Il testo è introdotto,
tradotto e annotato da Gianmario Cattaneo. Oltre all’introduzione e al testo appunto
annotato dell’Omelia di Severo, il volume riporta in appendice un frammento di
una lettera di Severo sulla sepoltura di Gesù e i decreti di condanna di Severo
d’Antiochia.
Per quanto
riguarda il testo di Severo. Esso si presenta come una risposta ad alcune
obiezioni e difficoltà che sorgono alla lettura dei vari testi neotestamentari
sulla risurrezione di Gesù. Severo, con un approccio apologetico ed esegetico
al contempo, spiega e risolve le apparenti contraddizioni “temporali”. Il tono
dell’omelia è rigoroso, rasenta di alcuni tocchi misogini, ma è privo di cadute
in rapidi/facili discorsi moralistici o allegorici.
Nondimeno, nel
testo sono presenti alcune suggestive trasposizioni tipologiche come ad esempio
quando la Maddalena pensò che Gesù fosse il giardiniere (cf. Gv 20,15).
Commentando, Severo afferma: «Forse non andò lontano dal vero credendo che Gesù
fosse un giardiniere: infatti egli era realmente il vero giardiniere immortale
del paradiso, e corresse lei nel giardino del sepolcro, così come nel paradiso
terrestre corresse la donna che per mancanza di fede ingannò Adamo, il primo
giardiniere» (Omelia 77, 9.6).
Nel paragrafo 6.5
abbiamo uno dei pochi riferimenti espliciti alla contemporaneità di Severo. Si
tratta di una critica ai docetisti, coloro che non credevano che nella sua passione
e morte Gesù avesse realmente sofferto nel corpo.
Robert Cheaib
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