L’amore vero non pretende simmetria ma esige
reciprocità.
Quando parlo di esigenza in amore, sento un
po’ di resistenza in chi mi ascolta. È legittimo all’inizio. Nell’uso consueto,
la parola esigenza ha la connotazione di pretesa, di non
gratuità. Quando, poi, faccio il momento socratico di maieutica e spiego cosa
intendo con esigenza, vedo che le persone iniziano ad essere più
d’accordo.
Sono cosciente che parlare di esigenza in
amore potrebbe essere pericoloso e facilmente fraintendibile. Abbiamo a che
fare con materiale altamente infiammabile che, se inteso male, può sembrare una
legittimazione alla manipolazione dell’altro. Se applicata male, l’esigenza può
diventare saccenteria, pretesa, dominio e arroganza. Per questo, chiedo a chi
legge la pazienza e la buona volontà di camminare insieme nei paragrafi seguenti
per avere un quadro più completo.
Se applicata male, l’esigenza può diventare saccenteria, pretesa, dominio e arroganza.
Pretendere ed esigere
Una delle prime distinzioni che faccio è tra
pretesa ed esigenza. Potrebbero sembrare sinonimi, ma non lo sono affatto.
Nella pratica, la linea di demarcazione tra pretesa e esigenza può sembrare
labile e sottile, ma una differenza sostanziale c’è. La notiamo già
dall’etimologia.
Una delle prime distinzioni che faccio è tra pretesa ed esigenza
Pretendere. Provenendo dal latino, il verbo è composto da prae (avanti) e tendere
(tendere, stendere). È addurre ragioni per ottenere qualcosa come diritto.
Esigere. Proviene dal latino exigere e consta da ex (fuori) e agere
(tirare, spingere, muovere). È tirar fuori ciò che c’è già dentro. È una specie
di educazione (a sua volta ex-ducere), perché l’amore educa e
all’amore si educa.
Il prae di pretendere tradisce
un a priori. Dentro di me c’è una pretesa che proietto e carico sulle spalle
dell’altro, non curandomi della sua realtà personale. Mi deve dare una cosa e
non mi importa delle sue condizioni o ragioni.
L’ex di esigenza implica già un’attenzione alla realtà dell’altro.
Esprimo anche attenzione alla “mia” realtà, perché – lo vedremo fra poco – la
prima esigenza è da vivere verso se stessi.
Dato che il termine suscita comunque un po’ di orticaria, malgrado il
chiarimento etimologico, guardiamo a un esempio agricolo per capire meglio la
differenza tra pretesa ed esigenza.
In un podere di cocomeri
Un paio di anni fa, stavo guardando il telegiornale e ho visto un servizio
curioso che veniva dalla Cina. Il video-reportage faceva vedere dei cocomeri
che esplodevano nell’orto. Indagando sul fenomeno, il reporter è riuscito a
risalire alla causa di queste esplosioni. L’azienda agricola stava usando un
fertilizzante nuovo. Quest’ultimo era talmente forte e “non naturale” che
faceva crescere i cocomeri a una velocità esagerata e a dismisura, causandone
l’esplosione.
Pretendere nella relazione fa un’opera simile a
questi fertilizzanti. Esso carica l’altro (e se stessi) di attese esagerate e
innaturali che portano a un’esplosione. L’esplosione può essere lo scatto di
rifiuto e di ribellione, ma può essere anche un crollo.
Alcune persone, sotto i colpi delle pretese sociali, familiari o del
partner, perdono la stima di se stesse, smarriscono il quadro implicito della
propria identità, non sanno più chi sono e crollano. La pretesa è una pressione
violenta che fa scattare meccanismi stressanti, innaturali e distruttivi.
Pretendere carica l’altro (e se stessi) di attese esagerate e innaturali che portano a un’esplosione
Attenendoci all’analogia agricola, esigere sarebbe paragonabile
all’opera che fanno la terra, l’acqua e il sole verso i semi e le piante di
cocomero. La terra accoglie, custodisce e nutre. Ma anche spoglia, fa sbocciare
e fa portare frutto. Così fa anche l’acqua che compenetra i semi con
naturalezza e rafforza la linfa dei rami, comunicando loro i minerali e i vari
nutrienti della natura. Il sole avvolge la pianta con il calore necessario per portare a maturazione i frutti, dando loro il bel colore rosso e
rendendoli dolci per il palato e rinfrescanti per l’organismo.
Tutta l’opera effettuata dalla natura è un’opera di esigenza tenera ma
decisa. Dal seme di cocomero, la natura non fa crescere dei cocomeri abnormi e
snaturati, come non fa neppure crescere cipressi. Allo stesso tempo, la terra
non soffoca il seme e non lo mantiene infruttuoso, come sarebbe rimasto in un
cassetto senza contatto con l’aria, l’acqua, la terra e il sole. La natura fa
crescere il cocomero nel rispetto della sua identità e dei suoi tempi.
È questo il punto che vorrei mettere in luce. L’esigenza non snatura
l’altro, ma manifesta la sua vera natura. Non forza l’altro, ma crea le
condizioni della sua realizzazione.
Gesto pratico
Più che un esercizio da fare, questa volta ti propongo altri due pilastri
per il tuo esame di coscienza riguardo all’esigenza.
- prima di essere esigenti con gli altri, bisogna esserlo con se stessi.
- l’esigenza nelle relazioni non è a senso unico. Entrambi i partner devono
costituire questa presenza qualificante l’uno per l’altro.
E, come ultimo gesto di chiarimento, chiudo la riflessione con
un’affermazione di papa Francesco in Amoris laetitia, affermazione che
spiega secondo me in maniera geniale il senso dell’esigenza: «La missione forse più grande di un uomo e una donna nell’amore è
questa: rendersi a vicenda più uomo e più donna. Far crescere è aiutare l’altro
a modellarsi nella sua propria identità. Per questo l’amore è artigianale».
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