di Giovanni Francesco Piccinno
Recensione di Andrea Grillo, Eucarestia. Azione rituale, Forme storiche, Essenza sistematica, Queriniana, Brescia 2019.
* Per facilitare la lettura delle recensioni, abbiamo adottato una suddivisione in tre parti: cominciamo con un aperitivo di alcune perle del testo, il piatto centrale è la panoramica del testo e, dulcis in fundo, uno zoom su un tema o un capitolo in particolare. Buona lettura!
PERLE DAL TESTO
Il Signore viene in mezzo ai suoi, con il suo
corpo dato e il suo sangue versato, in molti modi, che esigono non
semplicemente il ritus servandus di
una sola formula su una sola materia da parte di un solo “ministro”, bensì la
celebrazione comunitaria di una forma rituale, di una materia simbolica e in
una dinamica ecclesiale tra assemblea celebrante, compagine ministeriale e
presidenza. Lo sviluppo della partecipazione attiva (actuosa participatio) non è stato soltanto il vero fine della
riforma liturgica, ma anche il principio efficace di una nuova intelligenza
teologica.
Il rito eucaristico non consiste nel «dire
“Questo è”» - questa è infatti la spiegazione del rito, non il rito -, ma
consiste nel fare la memoria-imitazione di tutta la sequenza di azioni, che si
deve descrivere come comunione col corpo nel pane e col sangue nel vino. Non la sostanza, ma la circostanza è
decisiva. Non l’essere, ma il divenire è il tema. È il “fare questo” che
permette di dire “questo è”, non viceversa.
L’esigenza di “fare esperienza” della presenza del Signore deve essere spiegata senza prendere congedo dalla relazione tra “ente” e “azione” che caratterizza la tradizione liturgica. Se la liturgia non è più la cornice cerimoniale di un contenuto dogmatico, ma la mediazione rituale di una esperienza ecclesiale, la realtà eucaristica della comunione con il Signore all’unico pane spezzato e all’unico calice condiviso merita di essere pensata non secondo una nomenclatura statica derivata dalla “scienza dell’essere”, ma come elaborazione dinamica di una “sequenza significativa di azioni”.
UNA PANORAMICA
La sacramentalità nella vita della Chiesa è da
diverso tempo sotto gli occhi della riflessione ermeneutico-teologica; se ciò accade,
ed è realizzato con intelligenza, lo è grazie ad occhi capaci di leggere le
domande e i segni dei tempi rivolti alla Teologia e proporre una sistematicità
rinnovata, complessa e intelligente. Certamente un dono che alcune menti dedite
a questo compito svolgono con particolare acume. Andrea Grillo, docente di
Teologia dei Sacramenti e Filosofia della Religione presso l’Ateneo
Sant’Anselmo in Roma è tra queste, e realizza ciò donandoci un’opera destinata
a segnare un’epoca nella comprehensio
eucharistica, nella lettura ecclesiale più piena della Teologia dell’Eucarestia.
Il volume è uno dei frutti più maturi di un rinnovato sguardo teologico sul
tema, in cui l’autore, da molti anni ormai, si pone come uno dei più acuti,
perspicaci e lungimiranti interpreti, sulla scia di altre illuminanti menti che
hanno contribuito a darne fondamento, come Romano Guardini, Joseph A. Jungmann,
Salvatore Marsili, Ghislain Lafont, Enrico Mazza, Alceste Catella, Giorgio
Bonaccorso e Johannes H. Emminghaus e ai due dichiarati maestri di Grillo a cui
è dedicata l’opera, Giampiero Bof e Benno Malfèr. Questo lavoro è, nella sua ricca e complessa struttura, un vero testo programmatico per la presente e
futura elaborazione teologica circa il fenomeno eucaristico, la cui dinamicità
e centralità sacramentale nell’ecclesialità dei nostri tempi, necessita
vitalmente di una riscoperta profonda della sua incisività nella vita dei
credenti, passaggio nevralgico che senza alcun dubbio Grillo aiuta a compiere
con non poca energia, profusa in un’elaborazione ventennale, con straordinaria
efficacia. L’esergo dell’introduzione del testo, tratto dal Discorso 272 di
Agostino d’Ippona, “Estote quod videtis,
accipite quod estis”, “Siate ciò che vedete, ricevete ciò che siete”, aiuta
a cogliere in filigrana l’obiettivo del lavoro, atto a cogliere una sintesi
efficace di elementi che dicano con occhi rinnovati l’Eucarestia, verso cui la
vita ecclesiale e di ogni cristiano è chiamata a convergere. Il fine naturale,
non per questo scontato, come si coglie dallo scorrere delle pagine, della vita
eucaristica della Chiesa non è semplicemente il solo porsi nel ricevere il
Corpo di Cristo, ma essere convocati all’altare come comunità sacerdotale celebrante,
Chiesa corpo di Cristo, per rendere evidente, tra le ferite della quotidianità,
la “forma visibile del Dio invisibile”.
La struttura del testo aiuta a cogliere ancora di più i tratti originali
dell’opera, suddividendo i suoi sedici capitoli in 3 parti, a cui si giunge
passando da una utile introduzione e un pregevole preludio metodologico, già
evidenziate nel sottotitolo del lavoro.
-L’Eucarestia come azione rituale. Qui Grillo
fa muovere i primi passi della sua esposizione da ciò che determina, a suo
avviso, l’intelligenza della fede eucaristica per riti e preghiere, determinando così il necessario passaggio
ermeneutico da una teologia eucaristica in
genere signi et causae ad una teologia eucaristica in genere symboli et ritus. Non compie una classica disamina dell’ordo della messa ma studia la forma fondamentale del sacramento,
concetto chiave della novità che rappresenta quest’approccio teologico,
indicante il (si cita l’autore) fondamento
che esige una forma visibile e vivibile, immanente e contingente, spaziale e
temporale, sensibile ed emotiva. Chiarendo questo primo punto del percorso
mette a fuoco, tematizzandole, categorie che a suo avviso la tradizione si
ferma solo a presupporre: il legame tra rito, parola ed esperienza dell’altro;
il pasto, la dipendenza dall’altro e la comunione con esso; il rapporto tra
preghiera e rito, analizzando l’anafora e il rito di comunione e, infine, la
sequenza rituale dell’ordo missae.
-Storia della prassi e storia della dottrina
eucaristica. In questa sezione centrale l’autore tenta efficacemente la lettura
della forma storica della messa e delle sue forme celebrative e interpretazioni
sistematiche, attraversando modelli che aiutano a correlare la teoria con la
prassi eucaristica. Dapprima traccia le
origini, delineando i fatti storici, le pratiche rituali e i significati teologici;
giunge poi ai primi secoli e all’elaborazione patristica, con una ricca analisi
dei testi; passa poi alla sintesi del Medioevo, contributo teologico, questo,
che si imporrà tenacemente alla tradizione successiva, soprattutto nella sua
sintesi scolastica e tomista; giunge così a tracciare un ritratto della
situazione legata al Concilio di Trento, cogliendo in modo particolarmente
efficace le problematiche storico-teologiche che ne focalizzano una particolare
centralità nello studio del tema; giunge
poi al Novecento e al determinante
contributo offerto dal Movimento liturgico, anticipato da Guéranger e Rosmini, alla nuova riflessione teologica sull’Eucarestia,
evidenziando il formidabile apporto della Sacrosanctum
Concilium; infine traccia i passi da compiere ancora nel cammino della
piena comprensione e attuazione della riforma liturgica della messa e le sfide
poste dal Motu Proprio Summorum
Pontificum. Arguta la rilettura “capovolta” della storia dell’Eucarestia
proposta nell’ultimo capitolo.
-Sintesi teologica: l’Eucarestia e la forma. Nella terza e ultima sezione si giunge a evidenziare le linee sistematiche, tracciando la nuova Teologia dell’Eucarestia che Grillo costruisce con rigore e metodo. Nel primo capitolo di quest’ultima parte, il dodicesimo, forse quello più incisivo di quest’opera, mette a fuoco la sua concettualizzazione di Forma fondamentale, evidenziandone l’identità e la portata centrale, a confronto con le posizioni di Ratzinger e Caspani, e il suo originale ripensamento dei temi classici riguardanti il sacramento eucaristico, ovvero presenza, sacrificio e comunione. Nel tredicesimo capitolo dà poi una lettura attenta di Lumen Gentium 11 che evidenzia la struttura ministeriale dell’eucarestia e il ruolo della communitas sacerdotalis. Partecipazione attiva, ars celebrandi e la nuova teologia eucaristica sono al centro del quattordicesimo capitolo, a cui segue una pregevole lettura del legame tra Eucarestia e tempo, tra Anno liturgico e Liturgia delle ore. Chiude l’opera una sintesi puntuale che tira le somme di un lavoro robusto e complesso, con l’evidenziazione di alcune questioni aperte riguardanti la vita eucaristica nelle nostre chiese, con una intelligente provocazione sulla comunione eucaristica ecumenica.
UNO ZOOM
Il secondo capitolo, in cui ci si sofferma
brevemente su alcuni aspetti, è utile a delineare un aspetto non secondario che
l’autore intende, tra le idee portanti del suo lavoro, evidenziare e tenere
sempre presente come fil rouge: la comunione della chiesa riunita intorno
all’altare nella celebrazione eucaristica è innanzitutto una comunione di mensa che fa esperienza di
un dato antropologico tanto elementare quanto fondamentale: il pasto, che nelle
diverse tradizioni religiose è segno tangibile del rapporto con Dio. Il
mangiare e il bere, azioni primordiali dell’uomo, sottolineano in nuce una consustanziazione tra terra
e corpo, corpo e terra, come ben afferma Andrea Grillo, non sono solo atti
funzionali ma simbolici; pertanto non indicano semplicemente l’istinto a sopravvivere
e conservarsi in vita ma il costruire una rete di comunione, una
socialità. In questa socialità si
inscrive anche la socialità cercata da Gesù nei confronti dei suoi discepoli e,
sacramentalmente, nei confronti dei battezzati, “passando” non solo attraverso
le parole ricordate quotidianamente nella consacrazione delle specie
eucaristiche facendo memoria di quelle pronunciate da Cristo nell’Ultima cena
con i suoi, (che è solo una delle cene da lui vissute in comunione con i suoi
amici, sebbene la più importante, anche nella memoria degli affetti dei
discepoli), ma focalizzando lo sguardo sulle azioni del pasto, caricato, a
detta dell’autore, di un duplice valore: è strumento
di annuncio ed è celebrato con i
peccatori. Gesù evidenzia la singolarità della sua autorità nel mangiare e
bere, trasmessa e vissuta dalla Chiesa ancora oggi, sia nel suo non digiunare,
come faceva il Battista (Mt 11,18 ss.), che nel mangiare e bere insieme a
pubblicani e prostitute (Mc 2,16). La Chiesa può riscoprire questo “magistero
del pasto comune”, attingendovi rinnovata forza, vivendo ancora più pienamente la
dimensione del convito che il Signore rivolge alla Sua comunità, non per
sminuire o svalutare la dimensione del sacrificio, presente nell’Eucarestia, ma
per comprenderlo ancora di più.
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